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mercoledì 15 giugno 2016

L’anti-Ue cresce a Berlino

Alternative für Deutschland, liberal-conservatore, al 25 per cento dei sondaggi, con l’estrema destra di Pegida al 5-7 per cento, e le forze nazionalistiche tra i vecchi Liberali e la Cdu
-Csu, più qualche aiutino dell’estrema sinistra, Linke, fanno maggioranza? Se si votasse a un referendum molto probabilmente sì.
La Germania, il paese che ha più guadagnato e guadagna dall’integrazione europea, potrebbe optare per la dissoluzione. Per un’ebbrezza da potere (autosufficienza) da tempo evidente in ogni settore dell’opinione pubblica, compresi il liberale “Spiegel” e la socialista “Süddeutsche Zeitung”. L’opinione è formalmente pro-europea ma di fatto è in sintonia con gli anti-europei.
Non si valuta appieno il cambiamento dei “caratteri fondamentali” della Germania col collasso del sistema sovietico e la riunificazione. Il dopoguerra coi russi in casa è stato breve, non abbastanza per plasmare un diverso modo di essere. Tanto più che i protettori erano risentiti come vincitori più che come liberatori. La società è la stessa, soddisfatta e tronfia, della Germania guglielmina-bismarckiana, che anch’essa faceva affari e “non parlava di politica”, piena del suo buon diritto, che Norbert Elias ha ricostruito in “I tedeschi” – leggere i giornali tedeschi oggi è come averli letti un secolo fa alla vigilia della guerra, con le crisi del Marocco, che antagonizzarono l’Europa, anch’esse “a buon diritto”.  

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