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domenica 12 giugno 2016

Se l’Is fa campagna per Trump

La vittoria di Reagan a novembre 1980, piccolo attore e semisconosciuto ex governatore della California contro il presidente in carca Carter, fu celebrata a Teheran come una vittoria dell’Iran, del khomeinismo. La storia non si ripete, non sempre. E Obama non è Carter, non ha fatto gli errori di Carter, tra essi la missione dei parà per liberare gli ostaggi americani insabbiata con gli elicotteri, e quindi la sua alter ego Clinton non va alle elezioni con questo handicap. Trump del resto non è Reagan. Ma l’imprevidenza è uguale.
L’errore politico si ripete del resto oggi come allora. Allora Carter sostenne, armò e spinse Saddam Hussein alla guerra contro l’Iran. Oggi gli Usa mantengono rapporti privilegiati con i finanziatori, animatori di ultima istanza, del fanatismo islamico, i potentati della penisola arabica. Mentre sarebbe opportuno che li lasciassero alle loro responsabilità.
Non sono i “volenterosi”, non è l’Europa a dover combattere l’estremismo – non lo sa fare neanch’essa, ma questo è un altro discorso. Al fronte contro l’estremismo dovrebbero essere i potentati che, in teoria, ne sono l’obiettivo. È un ben strano islamismo fondamentalista questo che si esercita contro persone e paesi remoti e non contro i “falsi” islamici, i non puri.

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