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mercoledì 6 giugno 2018

Sui conti del Pci, ancora uno sforzo

Un’impresa, doppia. Riprendere il discorso dove lo aveva lasciato il Procuratore russo Stepankov degli anni di Eltsin, dell’apertura degli archivi del  Pcus, il partito comunista sovietico, sui finanziamenti di Mosca al Pci e ai suoi eredi, con il coinvolgimento di Falcone, da Stepankov invitato a Mosca (ne ha scritto tre anni fa con Francesco Bigazzi, “Il viaggio di Falcone a Mosca”). Sul presupposto – seconda impresa – che i finanziamenti venissero riciclati in Italia attraverso la mafia. Impresa, quest’ultima, disperata, come suole dirsi.
“Le verità nascoste nelle agende elettroniche del giudice” è il sottotitolo. Ma Montolli, giornalista investigativo, fa di più: non  tanto trascrive le agende, che dicono poco, ma ne contestualizza i riferimenti. E su questo si muove bene, il racconto è affascinante, la disposizione sceneggiata degli interventi che hanno provato a chiarire questo lato oscuro dell’attacco alla politica. Sia di quelli pubblici, per esempio di Craxi, che si trascurano, sia dei tanti successivi, portati ai vari processi o rivelati da wikileaks, di Cossiga, Martelli, degli ambasciatori americani, delle spie inglesi.
Non si è fatta ancora la storia del crollo della “prima” Repubblica”, del 1992. Ed è opportuno che se ne parli. Mettendoci dentro, come Motolli fa, l’America, che sicuramente c’entra. E la Russia, che invece non c’entra. Oppure sì, in modo indiretto, ma non per la mafia: per I finanziamenti al Pci, proseguiti fino all’ultimol respire del Pcus.
Sui finanziamenti sovietici al partito Comunista molto però si è già scritto. Da Valero Riva con Bigazzi nel voluminoso “L’oro di Mosca” vent’anni fa. Preceduti da Gianni Cervetti, ex amministratore del Pci, con analogo titolo, con testimonianeze personali. E dagli storici Zaslavsky e Aga Rossi, con prove inoppugnabili.
Il punto è che i finanziamenti diretti del Pcus al Pci cessarono negli anni 1970. Quando fu aperto un conto svizzero con gli “sfioramenti” sulle vendite e gli acquisti in Italia, di gas e di tubi d’acciaio, che Mosca lasciava in Svizzera. Un conto anonimo, ma con fiduciari italiani. Procuratori del Pci del tipo Greganti, se non Greganti stesso. Una titolarità che la banca svizzera che gestiva il conto, il conto era unico per tutti gli sfioramenti, non ha contestato. Se due fratelli eccellenti della nomenklatura ex Pci, i fratelli di Occhetto e di Veltroni, hanno potuto prosciugarlo, se condo la lettura più accreditata. A beneficio dei creditori privilegiati del partito, per prima l’universo delle cooperative, e poi la stampa, con numerose editrici create a catena in quegli anni, i 1990.
Insomma, il da fare non  manca. La mafia che ricicla i diari di Mosca è una divagazione, e quasi un falso scopo: il Pci era ben saldo al centro del potere finanziario.  
Edoardo Montolli, I diari di Falcone, Chiarelettere, pp. 256 € 16

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