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martedì 17 gennaio 2023

L’Iliade dell’imperialismo sovietico

Ce n’è anche per Roma: “Sbigottirono i Romani.\ Tempesta sul Tevere.\ Ma il Tevere,\ infuriato,\ tosò la testa al papa di Roma\ e andò da Ivan attraverso il chiarore mattutino”, andò verso la Russia conquistatrice. Nel 1919-1920, cinque anni prima del viaggio in America e dell’“Ode americana”, Majakovskij mette in marcia “Ivan”: folle, miriadi di “Ivan”, “150.0000.000” è il numero di tutti i russi e gli operai del mondo all’assalto di Chicago. Contro i quali il presidente Wilson nulla può, pur col suo sterminato arsenale – da ultimo con “l’esercito velenoso delle idee:\ democratismo,\ umanitarismo,\ un continuo andare\ di ismo in ismo!”.   
1.500 versi. Un poema lasciato inizialmente aperto da Majakovskij per aggiunte di chiunque volesse – “L’ho pubblicato in forma anonima, in modo che tutti potessero aggiungere cose e migliorarlo”. Nessuno lo ha fatto, e Majakovskij lo ha ripubblicato a suo nome. Rapportandosi all’ultimo a Omero: “È per te\ la sanginosa Iliade delle rivoluzioni!\ L’Odissea degli anni di fame”.
È il poema dell’imperialismo “rivoluzionario”, sovietico – “la Russia onnimondiale”. In versi tronchi, scattanti, militanti. Del canone futurista come raffica, emistichi sparati a mitraglia.
Un poema di un secolo fa che si legge come scritto oggi: è sempre “la Russia in marcia”. Come già, peraltro, Tocqueville profetava un altro secolo prima. È l’anticipo della guerra fredda, del bipolarismo, delle due potenze: “Tra i fatti minuti della melma quotidiana\ un fatto emerse:\ di colpo\ cessarono tutte le cose di mezzo:\ non ce ne furono più sulla terra.\ Né mezze tinte\ né sfumature,\ niente”.
Il poema non piacque a Lenin, che se ne lamentò con asprezza col suo ministro della Cultura Lunačarski: “Una sciocchezza, una stupidità, una stupidità madornale e pretenziosa”. Un poema incitatorio, senza una sola immagine. Un proclama, come amavano i futuristi. Della Russia all’assalto del mondo. E dell’America che sempre lascia perplesso il rivoluzionario poeta, anche prima del suo ammirato viaggio: “Il mondo,\ adunando il quintetto\ delle sue cinque parti,\ l’ha dotata di una potenza magica”. Ha dotato l’America. E “a Chicago\ 14 mila strade:\ raggi solari sulle piazze.\ Da ciascuna: \700 vicoli,\ lunghi un anno per un treno.\È bizzarra la vita dell’uomo a Chicago!” Con una possente immagine del presidente Wilson. Attorniato da una corte superba: Adelina Patti, Walt Whitman, Scialiapin, Meĉnikow, Longfellow.  
A cura di Sergej Kirilov. Con nove disegni di Václava Maška. In originale, con la vecchia traduzione di Ignazio Ambrogio, 1958, “corretta e integrata”.
Vladimir Majakovskij, 150.000.000, La vita Felice, pp. 147, ill. € 12

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