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La tarda avanguardia fiorentina
Una mostra “unica”, sul gruppo artistico
che negli anni 1960-1970 tentò di rianimare Firenze, ma è stato poi
dimenticato. Per prima dalla città.
Firenze, che era stata il centro letterario
e una capitale delle belle arti tra le due guerre, attorno ai celebri caffè, provava a reintrodursi nel mainstream. Con Piero Santi, che teneva
salotto notturno all’Erta San Giorgio, lungo un percorso tradizionale. Con Eugenio Miccini, l’animatore del Gruppo Settanta, e
Lamberto Pignotti, “genio universale”, soprattutto esuberante, mettendosi al passo con i
tempi. Che allora voleva dire le avanguardie. Partendo dal modesto caffè di piazza San Marco,
dove attorno a Miccini confluivano però Alfredo Giuliani e pochi altri –
malgrado il patrocinio, alla lontana, di Mario Luzi. Con incursioni di Marco Ramat e Andrea Branzi, e passaggi di Sylvano Bussotti, più curioso che colloquiale.
Più vivace il movimento pittorico, animato
da Pignotti, attorno a via degli Artisti e piazza Beccaria Su moltelici
esperienze: dalla serigrafia e la calligrafia cinesi al “materico”, e infine al
collage – tecnica che la mostra meglio documenta, con più reperti.
Un manifesto di giovani adulti, attorno ai
cinquant’anni. Sul tema d’epoca: la società dei consumi e i suoi
contraccettivi. Da un punto di vista di giovanile contestazione naturalmente,
per un’arte “democratica e militante”.
In mostra opere “verbovisuali” dello steso
Miccini, e di Pignotti, Roberto Malquori, Michele Perfetti, Lucia Marcucci,
Luciano Ori. Tutti nati nei tardi anni 1920.
Un’avanguardia isolata. Più ferace nella
grafica, la poesia volendo abbracciare all’immagine. Facendo tesoro degli
stessi “materiali” del consumismo contestato – grafiche pubblicitarie, pin-up,
loghi, slogan, testi.
In questa direzione l’esito più importante,
e forse più riuscito, che però qui non è documentato, è “Ca Balà”, la prima
rivista a fumetti, di “umorismo grafico e satira politica”, anni 1971-1979, un
mensile redatto e stampato a Firenze, dapprima diretto da Piero Santi e Mauro
Senesi, e poi, trimestrale, da Daniele Protti e Franco Manescalchi. Che fece
uso su larga scala delle tecniche “verbovisuali” del Gruppo Settanta.
La mostra e il catalogo si sarebbero felicemente
arricchiti ricordando anche Andrea Branzi, che era ben attivo allora nella sua
città, brillante e genialoide con lunghe pause al caffè San Marco, tra architettura
e design, fino alla creazione di Archizoom (e il trasferimento a Milano:
la partita dell’“industria estetica”, moda e design, che ancora negli anni
1970 vedeva Firenze in concorrenza con Roma e Milano, finirà tutta a Milano).
Daniela Vasta (a cura di), “La poesia ti guarda”. Omaggio al Gruppo 70
(1963-2013), Galleria
d’Arte Moderna, Roma, pp. 119 € 24
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