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lunedì 9 agosto 2010

La Repubblica del “ghe pensi mì”

Fini scrive una lettera aperta per confermare, negandoli, tutti gli aspetti negativi del Montecarlo Gate (sorvolando sulle volgarità che coinvolgono la compagna, madre dei suoi figli, e la casa comune d’abitazione, regalo del bancarottiere Gaucci). Come già Di Pietro, che pretese di avere preso a prestito, in contanti, cento milioni da un suo inquisito (con vicende familiari analoghe, di case o appartamenti) senza commettere reato alcuno. È la moralità della Seconda Repubblica, o della questione morale? Una moralità speciale, connaturata al soggetto che la agita, fosse pure un assassino.Il giovane cognato e la suocera divenuti edittalmente produttori esterni alla Rai, nel 2009, per volere del presidente della Camera, sembra di sognare. Del resto, il presidente della Camera rivendica nella sua minacciosa lettera di aver ordinato la vendita del famoso appartamento di Montecarlo a una società off-shore.
La protervia con cui Fini conferma, smentendoli, tutti gli aspetti negativi dell’appartamento di Montecarlo, compresi il suo intervento personale, e la speciale etica in affari e negli affetti della famiglia Tulliani, dev’essere il contrassegno dei fondatori della Seconda Repubblica. Che sono detentori della questione morale, e quindi non possono fare male. Sarà per questo che gli stessi fondatori si sono poi dati tanto da fare per evitare alla Repubblica leggi costituzionali e prassi istituzionali adeguate. Luigi XIV, o chi per lui, diceva “lo Stato sono io”, e così i Fondatori, Fini, Di Pietro : “La legge sono io”.
È il “ghe pensi mì” berlusconiano Si vede che il conflitto d’interessi è parte costituente della Seconda Repubblica. Berlusconi, anch’egli un Fondatore, pensa ai soldi. Gli altri, senza idee, se ne fanno una attribuendosi la moralità. La vera questione morale è la questione morale stessa. Si capisce che Bossi giganteggi in mezzo a questi soggetti politici.

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