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giovedì 12 agosto 2010

Il re dei media ha i media contro

Non se ne parla più da qualche tempo, ma Berlusconi resta sempre quello che, tra i suoi tanti conflitti d’interesse (commistione tra affari privati e affari pubblici), ha il maggiore nel controllo dei media. Poiché controlla la Rai, ed è padrone di Mediaset e Mondadori, quindi controlla praticamente tutto il sistema radiotelevisivo, e il maggiore editore. Ma chi legge ancora i giornali, specie in questa stagione di viaggi vacanzieri su e giù per l’Italia, o anche soltanto guarda la tv, non se ne accorge. A meno che non sia un lettore esclusivo del “Giornale” o di “Libero”, dove peraltro scrivono personalità libere come Giampaolo Pansa, e di “Panorama”. Se anche vedesse solo il Tg 5, se ne accorgerebbe poco. Per il resto, dal “Foglio” in qua, si trova in territorio critico. Critico contro Berlusconi.
Sono contro, più o meno di chiaramente, il gruppo Rcs, compresa la “Gazzetta dello sport”, che “fa politica”, ne fa molta, la galassia L’Espresso-Repubblica-Finegil, e i giornali locali a essa comunque affiliati, quella Monti-Riffeser, “Nazione-Resto del Carlino-Giorno”, con altri, numerosi, giornali locali affiliati, dal “Tempo” di Roma alla “Gazzetta del Sud” di Messina e la Calabria, il gruppo Caltagirone, cui fanno capo i giornali leader di molte grandi città, e l’informazione del gruppo Sky, con i suoi ritmi ossessionanti. Avviene nella stagione delle vacanze, girando per l’Italia, di trovarsi in un paese che è tutto fuorché berlusconiano. In nessuna città, grande o piccola, si trova “il” giornale locale schierato per Berlusconi, e anzi è ovunque polemicamente contro. Citando a caso, “La Stampa” a Torino (che fa un’opposizione luciferina per conto di Montezemolo…), “Il Gazzettino” a Venezia, “Il Piccolo” a Trieste, “Il Secolo XIX” a Genova, “il Messaggero” a Roma, di cui è fondista Romano Prodi, “Il Mattino” a Napoli, “La Gazzetta del Mezzogiorno” a Bari, “La Sicilia” a Catania, “Il Giornale di Sicilia” a Palermo. Soltanto “il Sole 24 Ore” si mantiene a distanza.
Quanto alle tv, nessuno che guardi le reti di Berlusconi, Rai compresa, se ne trova indottrinato. Si può arguire che la persuasione è occulta, attraverso la spazzatura dei programmi spazzatura, ma sarebbe un’opinione spazzatura anch’essa, tanto più per volersi critica o colta – un residuo francofortese, la spocchia di un notabilato senza ruolo. Mentre lo spettatore è sommerso dalle tv di opinione, di area democratica o di partito, da La 7 a “Repubblica”, Red eccetera – senza nemmeno più bisogno di viaggiare, il digitale terrestre gliene porta a diecine a casa. Si capisce che l’uomo vada in giro dicendosi vittima dei media. Cioè, non si può dire, ma ha ragione.
Berlusconi dice che sa cos’ha detto il giorno dopo, leggendo i giornali. E questo è vero, c’è uno strano modo di fare giornalismo, innecessariamente coartato a questioni di principio, labili peraltro, quando non scopertamente ipocrite, dall’Ansa in giù. E questo spiega che i giornali perdano copie, oltre che credibilità. Ma c’è di più: chi veramente avesse a cuore la libertà d’informazione dovrebbe interrogarsi sul cortocircuito tra i media, o opinione pubblica in senso tecnico, e la politica, o opinione pubblica democratica.

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