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venerdì 13 novembre 2009

La virtù best-seller del silenzio

Si ripubblica negli Usa dopo cinquant’anni, in edizione commerciale, tra l’altro con risposta lusinghiera di pubblico, un libro che il più sofisticato editore di nicchia in Italia avrebbe problemi a pubblicare: sulla virtù del silenzio, nella trappa, e sulle regole del canto gregoriano, disseminato di francese e latino, in esametri, e in dimetri giambici di prima dell’ottavo secolo. Leigh Fermor, che ha rilanciato negli anni 1960 il vecchio mestiere britannico di camminatore curioso, aveva passato lunghi periodi a più riprese dopo la guerra, per sfuggire alle ansie della smobilitazione, in conventi benedettini e cistercensi. Dalle lettere che ne scrisse alla futura moglie trasse poi un libro che pubblicò nel 1957.
Forte è il senso dell’abbandono, della ferocia laica contro ogni forma di monachesimo, e più contro quello colto, elevato. C’è anche un tentativo di spiegare la scelta dell’isolamento a vita, che “sfida la psichiatria”. Non ben condotto: Karen Armstrong, la storica delle religioni e di Dio ("Storia diDio"), che fu da ragazza monaca dle Bambin Gesù, nell’introduzione a questa riedizione obietta agevolmente all’assunto che la vita monastica sarebbe farsesca e intollerabile senza “il postulato della fede”: questo è un assunto illuministico, quindi settecentesco, che il sentimento religioso implichi certe credenze. Fino ad allora, e in convento anche dopo, la vita religiosa è più un modo d’essere, un behaviour, che un belief, in credo. Ma già qui Leigh Fermor è al suo meglio, per gli amanti del genere, nell’a parte: l’aneddoto storico, la curiosità, l’accostamento inedito.
Patrick Leigh Fermor, A Time to keep Silence, New York Review of Books, pp. XXII, 96, $ 12,95

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