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sabato 1 ottobre 2011

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (103)

Giuseppe Leuzzi

Giovanni Simonetta, fratello di Cicco, fu autore di una “Sforziade”, un incunabolo in quattro copie in celebrazione di Francesco Sforza. Alla quale sarà legato, forse nel 1490, un profilo di Bianca Sforza che si scopre ora di mano di Leonardo. Bianca era figlia adulterina legittimata di Ludovico il Moro, il figlio di Francesco Sforza: fu sposata nel 1496 a tredici anni a Galeazzo Sanseverino, il comandante delle truppe, e dopo pochi mesi morì. Giovanni Simonetta era nato come il fratello a Caccuri, nella pre-Sila crotonese, dove aveva fatto gli studi, prima di trasferirsi col fratello, e con lo zio Angelo, a Milano alla corte degli Sforza – dei quali poi Cicco sarà cancelliere. Alla morte di Cicco, Ludovico il Moro lo cacciò da Milano. Morirà a Vercelli, forse proprio nel 1490.

La ‘ndrangheta che controlla Milano, anzi tutta la Lombardia, è impossibile e anche impensabile. Ma Gianni Barbacetto, che pure conosce la città, lo dice in un libro che ha scritto con Davide Milosa, “Le mani sula città”. Con qualche riserva. Corrado Stajano sul “Corriere della sera” oggi, per elogiare Barbacetto, trascura le riserve e crea l’invasione della Lombardia a opera degli ‘ndranghetisti.
Quando la ‘ndrangheta dominava Milano, sembra una favola. Ma è così che nascono i “fatti”. La Procura di Milano ha arrestato un anno e mezzo fa un centinaio di balordi. Barbacetto e Milosa ci hanno imbastito l’ennesima gomorra di mafie dominanti, uno dei generi che più tira le vendite di libri dopo Saviano, Stajano e il “Corriere” ne fanno un caso storico negli annali.

La manomorta
La borghesia della manomorta. Potrebbe essere questa la spiegazione della straordinaria incapacità della Calabria di governarsi – più dell’introvabile feudalesimo: l’impossibile formazione di una classe dirigente, figlia della manomorta. Della cui rapacità sterile perfino Répaci, un letterato, ha afferrato l’origine (in “Calabria grande e amara”). C’è una rapacità produttiva, quella del capitale, che in Calabria invece è sterile: di ufficiali, periti, giurisperiti, medici, farmacisti, fattori, che s’appropriarono la manomorta a costi esigui, o senza alcun corrispettivo, compresa la quota assegnata ai Comuni per usi civici, demanio formalmente inalienabile.
In un vecchio studio che più non si ripubblica, “Alle origini dell’egemonia borghese in Calabria” (Società Editrice Meridionale, Sa-Cz, 1979) Augusto Placanica risaliva all’eversione dei beni ecclesiastici già in epoca borbonica, sull’altare della “ragione” o del giuseppinismo, con la cessione della Cassa Sacra, che aveva nazionalizzato i beni ecclesiastici per la ricostruzione dopo il terremoto del 1783.

Napoli
Punta da qualche tempo il Nord, dopo avere distrutto il Sud. Ancora ultimamente: il suo sindaco ha disintegrato la Procura di Catanzaro, il suo Procuratore di punta ha disintegrato quella di Potenza, e ora punta Bari. Da tempo domina il calcio, la politica, e Milano. E più che mai infetta la giustizia controllandone ogni istituzione, dal sindacato al Csm e alla Consulta.
È la prova vivente della Lega. Che infatti non l’attacca, non la critica nemmeno – una, cento, mille Napoli, per far fuori l’Italia?

Una guardia che alle porte di Napoli ferma Arthur John. Strutt, “A Pedestrian Tour in Calabria and Sicily”, 1842, e il suo compagno William Jackson, un ciabattino ansioso di tornare al deschetto dopo dieci anni di ferma, è scettico sul futuro di Jackson, un poeta: “A Napoli”, dice a Jackson, e Strutt assente (“è così”), “nelle strade dell’intelligenza tutto è sovraffollato”.

Il “Nord” della Calabria è Napoli: “È a Napoli infatti che considerano quel proprio vicino poco più che alla stregua di un selvaggio intento solo a devastare, rubare e uccidere, meritevole più del nostro odio che della nostra compassione” (J.H.Bartels, “Lettere sulla Calabria”, p. 33).
La squalifica viene da lontano, da Aulo Gellio e Giustino, che i Bruzi, o Brezi, dicono briganti, rozzi, malvagi, fustigatori di Cristo nella passione. Gli ‘ndranghetisti di oggi, insomma, ma allora per un motivo: i Brezi avevano combattuto con Annibale contro Roma. Ma i napoletani non danno tregua ai viaggiatori che si avventurano in Calabria, Bartels e Pilati, altro viaggiatore del Settecento, ripetendo loro che gli abitanti “sono tutti ladroni”, e assassini. “Non si può immaginare una fonte più sicura e un modo di diffusione del pregiudizio più veloce della diffusione intenzionale della menzogna”, riflette il futuro eminente politico di Amburgo. E conclude: “È in atto una menzogna diffusa intenzionalmente”.
Ma c’è una regione del Sud che Napoli abbia valorizzato?

Tre anni dopo il terremoto del 1783 che devastò la parte tirrenica della Calabria da Nicastro a Reggio, a Napoli non si sapeva cosa era realmente successo. Il Re aveva destinato delle somme per la ricostruzione ma senza sapere se bastavano (non bastavano) né come venivano utilizzati

leuzzi@antiit.eu

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dei Simonetta non esiste niente nel luogo di origine. Caccuri ancora esiste, in provincia di Crotone, ma non sa niente dei suoi illustri compaesani. Neanche la solite elucubrazioni di storia locale del locale professore della media locale. Aver dato tanto alla patria e non saperlo... Sara' proprio vero che l'odio di se' e' diffuso in Calabria (accanto alle rivendicazioni di Pitagora, Milone, eccetera, naturalmente}