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venerdì 30 settembre 2011

La scoperta? È razzista

L’inizio della modernità – dell’Europa, dell’Occidente – si suggella nel 1492 con una triplice esclusione: degli eretici, degli ebrei, dei selvaggi (del Nuovo Mondo). Sembra un già detto, una trovata festivaliera (il volumetto è della seria I Libri del Festival della Mente) per attizzare una storia nota, e invece no: rovescia la “scoperta”, la dote finora non contestabile dell’Occidente (la ricerca, l’applicazione, l’immaginazione attraverso lo studio) nel calderone dell’avidità. La premessa ne fa un caso di studio delle interconnessioni “della storia politica nel flusso della storia sociale”, ma per mettere la scoperta, come la religione, al servizio del potere.
Il seme dell’intolleranza purtroppo è più antico. I selvaggi da tempo si commerciavano, i nuovi schiavi “trattati” dai portoghesi. “L’intolleranza religiosa fra cristiani” era vecchia nel 1492 di un buon millennio. E così l’antisemitismo. Ma lo storico si vuole (piccolo) ideologo, e siamo di nuovo alla Leggenda Nera.
Adriano Prosperi, Il seme dell’intolleranza. Ebrei, eretici selvaggi: Granada 1492, Laterza, pp. 180 € 12

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