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martedì 26 marzo 2019

L’anticlericalismo su Rai 1


C’è una ragione curiosa, tra le tante che possono aver determinato il flop della serie tv “Il nome della rosa” su Rai 1 – gli spettatori dell’ultima puntata ieri si sono quasi dimezzati rispetto a quelli della prima: l’anticlericalismo. L’anticlericalismo vecchia maniera, di monaci e monasteri depravati, sodomiti, sempre vecchia maniera, assassini, corrotti, corruttori, ladri, eccetera. Su Rai 1, che tutto uno si spetterebbe meno che fosse anticlericale.
Lo scarso seguito dell’ambiziosa serie ha probabilmente varie cause. Avrà deluso qualcuno, se c’è ancora, che ha letto il romanzo di Umberto Eco, il cui Medio Evo non è quello tetro e demolitore della serie – l’abbazia di Fossanova come un tetro fortino, un Bernando Gui assassino, eccetera. Più avrà deluso i cultori del genere, l’ex gotico, ora – dopo “Il trono di spade” – fantasy, a metà tra horror-splatter e catastrofico. Che è una ricetta semplice, ma attorno a una partizione netta tra bene e male. Mentre i fedeli di Rai I, di “Don Matteo”, “Che Dio ci aiuti” e altri programmi edificanti, si saranno trovati spaesati. Di fronte a una serie sceneggiata e programmata per l’eterno Kulturkampf antiromano anglosassone e teutonico – mai una gioia…
Si capisce che Turturro, Guglielmo di Baskerville e co-produttore e co-sceneggiatore, abbia tentato di vivacizzare lo stracco copione facendo lo Sherlock Holmes, brillante e veloce. Ma col passare delle puntate anche lui è sembrato stanco: guardava fuori dall’inquadratura, incerto.
Giacomo Battiato, Il nome della rosa, Rai 1

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