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sabato 30 marzo 2019

L’Occidente è ignorante

Più che razzista l’Occidente è ignorante. Non sa niente in Europa dell’Africa, a Sud e a Nord del Sahara - e negli Stati Uniti dell’America latina, con la quale pure convive. Se ne fa la constatazione leggendo su “La Lettura” il lungo dibattito tra Veronesi e Ben Jelloun, che pure è marocchino, sull’Africa. In cui l’Africa non c’è, per nessun aspetto e in nessuna forma, neppure accidentale. È l’Africa de noantri, della nostra “buona coscienza”.
Si pensa all’Africa, a Sud e a Nord del Sahara, e se ne parla, come di una realtà sottomessa, ignorante, retrograda, da salvare. Con professioni ininterrotte di antirazzismo, ma col vecchio atteggiamento coloniale del negro malgrado tutto buono. Mentre è, come tutti, o di più forse per essere povero, agile, acuto, e sempre sveglio, informato, aggiornatissimo, questo si può testimoniare per lunga frequentazione.  Di sana e robusta costituzione fisica, sarà per la dieta povera. Più e meglio comunque del grasso lento europeo – lo stesso, s’immagina, del latino negli Usa. E si può vedere: come il giovane africano appena sbarcato a Pantelleria o altrove sa tutto delle leggi italiane e perfino del linguaggio, mentre gli italiani più informati, i cooperanti, lo pensano, non volendo certo, appena sceso dall’albero. Ma tradito dalla politica, in tutta l’Africa, senza eccezioni. Cioè dal suo porsi nella politica.
All’ignoranza – e al disprezzo intimo - si sopperisce con i buoni propositi. Che però possono essere, lo sono di fatto in molte realtà, quelle della cooperazione, dannosi. Per la condanna implicita che il paternalismo reca, il rifiuto di vedere la realtà, che è in effetti molto brutta, perfino deteriorata rispetto al colonialismo di settanta-ottant’anni fa, a Sud e a Nord del Sahara: tribale, asservita, poco applicata, dominata da oligarchie ristrette, con i favori e con la violenza. Senza più riguardo per le esigenze primarie delle popolazioni, della sopravvivenza: acqua, igiene, comunicazioni, reddito. La storia dell’Africa indipendente è uan storia di vergogne.
La cecità totale pesa sull’immigrazione, che si riduce a bega interna, italiana, tra Salvini e le anime buone. Dell’Africa cosa si può dire in breve? Che l’africano non cerca compassione ma la utilizza. Non crede all’uguaglianza ma ne sfrutta la presa sulla “buona” coscienza dell’europeo – il falso presupposto russoviano sullo stato di natura, una imbecillità avallata dall’utopia, cioè dalla cattiva coscienza.


In termini semplificati, avviene attraverso il Mediterraneo quello che avvenne a fine anni 1980 in Albania e Romania. Quando masse di albanesi e rumeni si precipitavano in Italia perché la credevano, attraverso le tv che li illuminavano, il paese dei balocchi, di lustrini e vita facile. L’africano è più avvertito e non si fa illusioni: sa che la vita e dura ovunque e si accontenta anche di poco. Ma emigra all’avventura, quasi sempre senza mestiere oltre che senza carte – l’africano che si è applicato agli studi o a un’attività, viaggia senza problemi. E si sottopone a mafie di ogni genere, tra la consorteria e il racket: bracciantato, commercio ambulante, elemosina, e attività illegali.  

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