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martedì 26 novembre 2019

La fede, suo malgrado

Un viaggio nella fede, in froma di reportage da inviato speciale. Contro la fede. Da “oppresso, innervosito”, scorbutico, rannicchiato nel posto assegnato del Treno Verde che porta i malati a Lourdes, e muto, “a costo di apparire incivile”, facendosi schermo con le “Bucoliche”. Soldati contesta il viaggio sin dalla partenza, sdegnato. Sconvolto dalla caciara, per giunta snobistica – il Treno Verde parte da Torino. Ma sotto sotto, da uomo di fede, forse pascaliana, sicuramente gesuitica - individuale, speciale (un po’ alla Scalfari con Bergoglio). Un duello anche con Mauriac, la sua lettura beghina di Lourdes e dei miracoli.
La riedizione di Silvano Nigro recupera le revisioni cui Soldati sottopose i materiali di “Lourdes”, per le varie edizioni in cui incluse questa o quella parte del racconto (“L’amico gesuita”, 1943 e 1979 (negli Oscar), “I racconti”, 1957, “I racconti 1927-1947”, 1961): un’applicazione di oltre trent’anni. L’introduzione del curatore, breve, è sfolgorante: Soldati gliene sarà grato, di una lettura così attenta. Nella seconda metà del volume, oltre e recuperare i testi dispersi di Soldati attinenti al viaggio o alla fede, Silvano Nigro si applica con acribia, ma senza apparente fatica, alla ricostituzione del testo “vero”, il meglio definito da Soldati – contro i precedenti, tutti abborracciati, perfino le riedizioni curate da Garboli, che pure ha operato per espressa volontà di Soldati, negli Oscar e poi nei Meridiani. E ne mette in rilievo le influenze, attraverso le citazioni: Leopardi, Pascal  e Hemingway – con riferimenti precisi, ai capp. 11 e 35 di “Addio alle armi”. Creando un racconto del racconto, un contesto in materia di fede, di letteratura di viaggio, di esterofilia.
Un racconto difficile per lo stesso Soldati. Fuori anche dalle sue misure, improntate al garbo: indignato, quasi maledicente, savonaroliano. L’“Abraam giudeo” di Boccaccio, della seconda novella del “Decameron”, che “va in corte di Roma, e veduta la malvagità de’ chierici, torna a Parigi e fassi cristiano”. Come a dire: se malgrado tutto questo male la religone soravvive, dev’essere quella vera. Un racconto di moralités. Perfino di pedagogismi, dichiarati, da sindrome del maestro  di scuola, a lui pure così estranea: come uno che volesse tenere o rimettere in piedi l’impalcatura pericolante, se non già terremotata, della chiesa, nientedimeno.
Un corpo a corpo con la perduta fede. Alla quale Silvano Nigro lo recupera con Pascal. Col pascaliano “il Paradiso bisogna scommetterlo”. Che Soldati cita più volte, a proposito di Manzoni e altri. Su questo tema recupera in appendice “Il sale della terra”, sulla santità, e la recensione a Emilio Cecchi, “Scrittori inglesi e americani”. Questa per lo sdegno sull’equiparazione nei gusti di Cecchi, per lui improponibile, tra Poe, Stevenson e Conrad da una parte con Belloc e Chesterston dall’altra. Di Chesterston non avendo nessuna stima. E semmai la fede tra i due gruppi volendo rovesciata, fra i tre e i due: “Una tragica alternativa di non conformismo e conformismo, di radicalismo e reazionarismo, di audacia e prudenza, di fede e sfiducia”. Mentre “il cattolicesimo, fra gli intellettuali di oggi, è l’ultimo rifugio dei più scettici e sfiduciati”.
Non da miscredente, Soldati si recita salmi e versetti. Per interloquire, seppure in soliloquio, per spiegarsi, capire.Un viaggio in se stesso, nella propria infanzia e adolescenza, nelle quali la fede ebbe larga parte, di cui tenta di afferrare il senso, e il peso – la religione lo riporta alla sua “triste fanciullezza”. Evoca “la lontana angoscia della mia fanciullezza divota, quando il più grande divertimento era servir Messa e cantare in processione..., la dolcezza delle lunghe orazioni nelle cappelle deserte”. E si dice “con un nodo alla gola, con un enorme peso sullo sterno, con una disperata volontà di pianto, sono lì lì per dubitare”. Una liberazione? Una riconquista?
Prose piene di umori, come sempre in Soldati. “Un treno di notte, se non mi distraggo, mi fa, sempre, pensare alla morte”. La fede è un dono: “Molti credono di credere, e invece non credono;  e molti credono di non credere, e invece credono”. Con i miracoli e senza: “Ma credere? Credere? Sono proprio necessari i miracoli per credere?” Perché “si nasce, si vive, si muore, e non sappiamo perché. Ma chi, almeno una volta, non ha sperato? Abbiamo forse qualche altra verità?”
Sul piano storico, effettuale, la conclusione la dice all’inizio: “Non i santi, purtroppo, ma i bigotti sono la grande forza dell’attuale Chiesa cattolica”. Ma senza tragedie. Alla seconda corrispondenza-capitolo racconta, con tratti unicamente sensuali, un innamoramento platonico, nella sosta che il treno fa alla frontiera con la Francia per la “visita” dei doganieri. Con il “raccontar rapido, tutto cose”, e “il dialogar frequente” dell’elzeviro “La novella estera”, 1935, che Soldati teorizza, seppure ironico, degli “esterofili”.

Mario Soldati, Un viaggio a Lourdes, Sellerio, pp. 154 € 9

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