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lunedì 6 novembre 2023

La Germania non è più la locomotiva

Esaurita la spinta della liberalizzazione del lavoro, le leggi Hartz del 2004-2005, la Germania ritorna il “malato d’Europa”. Non propriamente. Non ha i cinque milioni di disoccuapti d’inizio millennio. E va in recessione ufficialmente per la debolezza dei consumi e dei servizi. Ma di fatto è in ristagno anche come fabbrica. E la debolezza dei consumi è da correlarsi alla liberalizzazione del lavoro, al ristagno-debolezza del reddito medio.
Pesa sulla Germania anche la guerra in Ucraina. Che ha bloccato il rapporto speciale con la Russia, di cui la Germania era il partner maggiore – rapporto che non potrà più essere ristabilito nel futuro prevedibile. E ha indebolito l’Est europeo oltre che la stessa Ucraina, di cui la Germania era ed è sempre il primo partner.
Un privilegio curiosamente svanito è pure il mercantilismo del quindicennio Merkel. Che la Germania poté esercitare liberamente su Bruxelles, e su Francoforte (negli anni di Draghi). Sulle politiche di bilancio e sugli aiuti pubblici (all’industria, alle banche), mentre si imponevano vincoli più stringenti ad altri paesi, tra essi l’Italia. Perfino gli stress test bancari erano laschi per le banche tedesche e specialmente arcigni per quelle italiane, Unicredit, Mps. Senza contare gli attacchi polemici sul debito e sulle banche italiane - un abominio nelle politiche monetarie, che vogliono riservatezza - del presidente merkeliano della Bundesbank, il suo giovane d’ufficio Weidmann.    

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