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giovedì 13 ottobre 2011

L’angelo lieve di Tabucchi

L’entrata è folgorante, “Voci portate da qualcosa”, col meglio dello scrittore (e col suo “vizio”: eventi e persone d’un beato passato adolescenziale): la narrazione per incidens, casuale, e una corrispondente scrittura lieve, di agganci fortuiti, echi, insorgenze. Sapientissima scrittura: il secondo periodo è lungo una pagina e mezza senza punto fisso, e verte su un soggetto ostico, la casualità del narrare, ma va giù come acqua di sorgente – niente faticosità di proposito, alla Bernhard. Recupera anche il romanzesco più imprevedibile, in forme perfino automatiche: Staccia Buratta, la Seguridade…
Con malizie a chiave? Il signor Coscienza di “Farfalla a New York” è una condanna di Sofri? “La trota” è Montale-Cima?
Antonio Tabucchi, L’angelo nero

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