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domenica 17 febbraio 2013

Il papa pasoliniano

Il cardinale Ravasi predicherà da oggi gli Esercizi Spirituali a papa Ratzinger con Celestino V, prima di Ignazio di Loyola. Il papa “vile” di Dante, poi santo della chiesa, seguirà dunque Benedetto XVI per sette giorni. L’accostamento incombeva, è stato il primo pensiero di tutti all’annuncio lunedì della dimissioni del papa. Ma era anche previsto da Pasolini, si può aggiungere, antevisone aggiungendo ad antevisione.
Un Pasolini straordinariamente eversivo, pur nella sua polemica anti-contestazione, scriveva su “Tempo Illustrato”, il 28 settembre 1968, un peana in onore di papa Paolo VI, che proponeva scismatico, oppure dimissionario – non da vile, da fautore della verità, o della rivoluzione. A motivo di un articolo del suo segretario di Stato, cardinale Cicognani, che chiedeva l’ammodernamento della Costituzione, “per seguire il ritmo della società in profonda e accelerata trasformazione”. Su questo presupposto: “In Italia la democrazia è solo formale”.
Il poeta (il lungo articolo è nella raccolta “I dialoghi”, pp. 491-5) ci vedeva “una sovversione”, ancorché legale, e prefigurava anzi uno scisma. Comunque, Paolo VI si sarebbe staccato dalla chiesa: “O compiere il gran rifiuto, e lasciare il papato come Celestino V che è stato forse il più grande dei papi (ma certamente il più santo); oppure scatenare lo scisma, distinguendo, con sé, dal clerico-fascismo la Chiesa Cattolica”.
Il papa eretico si leggeva finora come un trovata giornalistica, da column settimanale, il genere “provocazione” che Malaparte aveva creato coi “Battibecchi”. Ma era evidentemente una profezia. 

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