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giovedì 4 luglio 2019

Il materialismo culturale è carnivoro


“Enigmi del gusto e consuetudini alimentari” è il sottotitolo. È la parte innocente delle ricerche dell’antropologo americano, altrimenti famoso – per il “materialismo culturale”, categoria da lui costruita sullo studio dell’alimentazione, per cui gli Aztechi e altri cannibali sopperivano con la carne umana alla carenza di proteine.
Partendo dal principio  che il cibo è “buono da pensare” se e perché è “buono da mangiare”, e rovesciando il rapporto, indaga e racconta come e perché mangiavamo gli esseri umani sugli altari e oggi l’hamburger. Perché siamo, o siamo diventati, carnivori, qui non è tanto questione di proteine quanto di digeribilità: all’intestino le diete di fibre pesano, preferisce “alimenti di qualità elevate, poco voluminosi e rapidamente digeribili”. In controtendenza, l’antropologo materalista non è vegano, al contrario: mangiare meno carne, “fatto salvo il minor consumo di grasso animale e il colesterolo”, non salva – “non può rispondere mai,in nessun luogo, a un’esigenza salutare”.
Non grandi novità. La guerra? Un modo per limitare la popolazione quando le proteine scarseggiano.  Il maiale interdetto? Mangia gli stessi cibi degli uomini, e costa troppo – capre, pecore e bovini si nutrono d’erba e danno lana e latte, oltre alla carne. Le vacche sacre in India? Una necessità assoluta: senza non si potrebbe arare né mungere il latte. Ma Harris è miglior divulgatore (narratore) che ricercatore: sa raccontare quello che mangiamo.
Marvin Harris, Buono da mangiare, Einaudi, pp.264 € 12

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