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venerdì 31 luglio 2020

La democrazia delle mutande sporche

Per un accertamento antiriciclaggio sul suo compagno, o ex compagno, si pubblicano i messaggi personali, familiari, che ha scambiato con lui, del tipo: “Ferramenta  € 10,25”, con richiesta di rimborso. I messaggi del compagno sotto inchiesta  a lui, Rocco Casalino, che è il direttore della comunicazione di palazzo Chigi. Ma Casalino non protesta né se la prende, anzi ne fa materia di lunghe interviste, con foto, sul “Corriere della sera” e “la Repubblica”, e di gossip sui social. Del tipo: sparlate pure di me, ma parlatene.
Un concetto rovesciato della riservatezza, sventolando le mutande. L’uomo immagine del presidente del consiglio Conte – e anche qualcosa di più: un fortissimo lobbysta dei media: non esce una parola contro Conte, uno di grosso mestiere – si penserebbe tenuto al decoro della funzione. Se lui personalmente non ci tiene, uno che ha debuttato nella comunicazione al Grande Fratello e vive all’insegna del “tutto purché faccia celebrity”, si penserebbe che palazzo Chigi, Conte, il governo ci tengano alla riservatezza. A un minimo di riservatezza, per un certo decoro della funzione, se non delle persone che abitano il palazzo. Ma no, lo stesso palazzo ama i pettegolezzi – non offre altro.
Si pensava che il decreto intercettazioni del governo 5 Stelle-Pd, che lascia campo libero a ogni indiscrezione, si ambientasse nella logica wilsoniana, per quanto perversa, o wikileaksiana, della “democrazia aperta”, e invece no, è quella dei social: pubblicate tutto quello che volete, ma pubblicate, altrimenti l’account soffre. La democrazia delle chiacchiere, delle mutande appunto sporche, del più sporco non si può.
Strana concezione politica. Ma forse è l’Italia, un paese di chiacchiere. Non c’è scandalo per la pubblicazione della lista della spesa della coppia Casalino. Nessuno che non professi la celebrity? Ma, poi, l’Italia non è il Paese che ha un’Autorità per la Privacy, che paga ogni anno decine di milioni, e non ha mai protetto nessuno? Giustificandosi con l’imporci una dozzina di firme a ogni atto in banca o in assicurazione, compresa l’ineguagliabile autocertificazione “io sono io”, quello del documento.  


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