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mercoledì 13 marzo 2024

Quanto erano banali i nazisti

La vita della famiglia Höss, del carceriere capo di Auschwitz, nella villa accanto al lager, dotata di un grande giardino, dove i figli giocano con i figli degli altri carcerieri, e le mogli passano le giornate facendo le signore, servite a tavolino, quando non usano la piscina, o pareggiano un rampicante. O fanno i romantici sul Soła, che costeggiava il campo, prima della confluenza nella Vistola. In una eterna primavera: non piove mai e non nevica, né c’è l’afa con le msche, nel terribile clima continentale che aveva promosso la scelta di Auschwitz-Oświęcim.
In una scena Höss, promosso capo dei carcerieri del Governatorato Generale, è in conferenza con i suoi capi, grigi e molli come lui, per discutere l’arrivo di 700 mila ebrei dall’Ungheria. Senza pathos – forse per sottolineare la “banalità del male”. In un’altra riceve in ufficio una giovane – una prostituta (troppo in carne e ben vestita per essere una prigioniera)? – e poi passa qualche minuto a ripulirsi lo scroto.
Un onesto film da Giorno della Memoria, ma spento. In una scena si adombra un istante una nuvola di cenere, e poi si discute ingegneristicamente come va migliorato il forno crematorio. Ma la specificità dell’Olocausto non è il forno crematorio, quello è una misura d’igiene, è come ci si arriva.
Niente a che vedere col romanzo di Martin Amis da cui si vuole tratto, che è tutt’altra storia, e comunque vive di un linguaggio brioso. La simulazione placida è stupidità. I tedeschi erano stupidi? Qui sono massicci e pallidi, come malati, specie le donne. E parlano poco, non sapendo che dire, se non la loro mediocrità quotidiana. Con due o tre serve che non parlano (saranno polacche?), solo ingombrano la scena andando avanti e indietro, come in un vaudeville. E forniture quotidiane di ogni ben di Dio. Perfino i ragazzi, i figli del carceriere, sono inautentici – è difficile farli scemi?
Una produzione abborracciata. Un minuto di schermo grigio apre e chiude il film. Che scorrerà però anch’esso grigio e piatto – nemmeno arrabbiato. Il tempo primaverile non è l’unica incongruenza. Le immagini, anche, sono grigie, come sfocate, riprese a malincuore – e montate peggio. Oscar miglior film e migliore musica – inavvertita – forse in omaggio alla Memoria.
Jonathan Glazer, La zona d’interesse

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