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lunedì 6 aprile 2009

Ma Bush ha vinto la guerra

La guerra al terrorismo islamico è sempre aperta, e sempre è insidiosa, come ogni guerra al terrorismo. Ma Bush l’ha vinta, poiché ormai da tre e quattro anni si combatte fra islamici in terra islamica. Indiscriminata, feroce, sempre determinata, ma si combatte in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Egitto, Arabia Saudita, da parte di arabi e islamici contro arabi e islamici. Bush ha vinto senza per questo perdere o indebolire le alleanze tradizionali con i paesi islamici, Turchia, Egitto, Pakistan, Arabia Saudita.
L’America ci ha rimesso tremila vite umane proprie, quante ne aveva perse nell’attacco dell’11 settembre. Ma i morti in guerra fanno parte del concetto imperiale della nazione americana. E anche le spese, che peraltro sono gonfiate per lasciare il segno più incisivo nella storia – il Vietnam più della guerra a Hitler, l’Iraq più del Vietnam…
Riguardando la vicenda a ritroso, d’altra parte, si scopre che l’America non aveva alternativa alla guerra. Una guerra qualsiasi, in territorio islamico. Non c’era trattativa possibile, né clemenza. Una mancata reazione avrebbe provocato più terrorismo, più esteso, più brutale. Come è avvenuto a Londra, e a Madrid.
Il terrorismo islamico può anche essere diffuso e volontaristico, la dottrina dei santuari può anche essere falsa e opportunista, ma sempre in guerra la forza è necessaria. E d’altra parte, se c’è qualcosa di falso nella guerra moderna e nell’attitudine imperiale americana, è proprio la pretesa alla guerra chirurgica, che pretende di incidere solo sul nemico dichiarato – un’estensione della guerra umanitaria, altra bugia.

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