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domenica 31 gennaio 2010

Letture - 24

letterautore

Antiberlusconismo - Asor Rosa non solo, grande barone quanti altri mai alla Sapienza di Roma per quarant’anni, ma Cordero, Camilleri, Tabucchi, scrittori senza potere e per questo più credibili, costantemente da anni imprecano contro Berlusconi senza effetto, e anzi con qualche danno. Traditi al fronte alle spalle? Le violente invettive di Tabucchi su “Le Monde” lo hanno ridotto all’isolamento, alla ridotta di Vecchiano.
Il letterato può essere estremista, non deve portare pezze d’appoggio. Ma per una causa che sia sentita giusta, che lui sappia far sentire giusta: Zola per Dreyfus. Deve stare con i migliori, in Italia Ciampi, Napolitano, non insolentirli. Riconoscere l’anima del mondo prima di ergersene a giudice, e per questo identificarvisi, non pretendere alla torre d’avorio. Nel caso di Camilleri avere anche un minimo di coerenza - Berlusconi è il suo editore.
In tutti l’invettiva è di maniera, se non burocratica, scontata. Con gli astratti furori movimentisti di persone e generazioni che non hanno vissuto il movimento (il Sessantotto), e probabilmente lo deprecano, come Berlusconi. La lingua di gesso o di riporto degli imbalsamatori, dei tardi nemici-amanti di quel grande movimento di libertà (verità).
Per troppi a questo punto Berlusconi è un reagente, o come si vuole lui il monello del “re è nudo”.

Bibbia – È come dice Bloom, il capolavoro letterario per eccellenza. Ha lunghi punti morti, anzi interi libri. Ma questo succede a tutti i poemi epici. Nell’insieme è più viva di ogni altro. Dell’“Odissea” non leggiamo più di un terzo. Dell’“Iliade” pochi episodi.

Dante – Il professor Emil Ruth lo voleva tedesco, nel 1853, nei suoi “Studien über Dante”, prontamente tradotti. Nel quadro della Verjürgung della poesia italiana, del ringiovanimento, che non poteva venire dall’Italia esangue ma dalla ribollente Germania. Il professore, che Croce bonariamente ridicolizza, non era antitaliano, anzi era un italianista. La tesi della Verjürgung aveva già elaborato nella sua “Geschichte der italienischen Dichtung” sei anni prima, non tradotta.

Goethe - Arrivato a una certa età ho deciso che bisognava leggere Goethe da cima a fondo, invece di citarlo per letture estemporanee. Ho intrapreso il Faust con Croce, e non ha funzionato. Ho tentato via Thomas Mann, e la lettura è diventata noiosa. Con Bloom, che è brillante, con Citati, e niente, solo fatica, per non dire di Fortini: un dovere faticoso. L’ho allora letto in tedesco. Con fatica, perché non lo pratico, ma con diletto. È l’originale sempre migliore delle migliori traduzioni, certo. È l’autore sempre migliore dei suoi interpreti?

Leopardi – La sorpresa dell’ordinario – “La ginestra”, “Il sabato”, “A Silvia”, “Il tramonto”.

Musica – Per la prima volta dunque non è popolare: non cantabile, melodica, memorizzabile. E non è leggibile, se non con le istruzioni per l’uso. Di carattere peraltro strettamente tecnico. È regole e programmi, camuffati da ideologie, e conditi da tecniche, il segno, la nota, tempi astratti – la solita razionalità a bassa intensità. È cancellativa, nel nome dell’autocancellazione. Di modestia esibita quindi, programmata, ideologizzata. Ma pretende l’esecuzione, un pubblico.
La critica del pubblico, con l’ambizione di formarne uno nuovo, è caratteristica delle avanguardie. Ma per la musica dura da un secolo. Peraltro immobile: è l’avanguardia di un secolo fa.

Novecento - Nella musica, la pittura, la scultura, l’architettura, l’arte nel Novecento è solo forma. Nella letteratura ci ha tentato, con poco risultato: ha prevalso l’industria - l’editoria e la libreria saranno il nostro Milite Ignoto. Ha dimenticato l’esposizione (orientamento), la luce, l’ambientazione, i colori, il disegno, la solidità. È regole e programmi, camuffati da ideologie, e conditi da tecniche – la razionalità a bassa intensità. Che peraltro sa usare in misura minima, nulla al confronto con le arti popolari che le tecnologie mediano dall’arte ma sanno mettere a frutto: la musica pop, la grafica, la pubblicità, i non luoghi (stazioni, aeroporti, stazioni di servizio, centri commerciali…). Può suscitare emozioni ma indotte, come con la propaganda.
È cancellativa, nel nome dell’autocancellazione. Di modestia esibita quindi, programmata, ideologizzata. Per finire nel mercato dell’antimercato, il più perfido.
Per alimentare un’avanguardia che è vecchia ormai di un secolo: l’artista nasce sterile, geneticamente ora, di quarta o quinta generazione, dopo la sterilizzazione ideologica.

Poesia - È l’unico linguaggio economico (ergonomico), che non spreca cioè le parole – ogni sua parola è significante e si basta. Altrove, nella saggistica critica soprattutto, in filosofia, che sono i domini della ragione, la maggior parte delle parole sono superflue, anche nella prosa più controllata.

È evasione. Anche quando è impegnata, civile, politica, filosofica: è evasione dell’impegno. Tanta poesia è d’amore perché l’amore è il massimo terreno d’evasione. Come la natura. I bambini, che pure sono materia d’amore, non sono soggetti di poesia, perché sono realisti.

È un pensiero spuntato? È finzione: effetti speciali, sottigliezze, allusioni, ipotesi, possibilità. Dov’è la verità della poesia? Nella poesia.

letterautore@antiit.eu

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