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venerdì 5 febbraio 2010

Voglia d'inflazione controllata - 2

Non c’è solo la Spagna dopo la Grecia. Tutti i trenta paesi più ricchi del mondo portano il debito tra questo e il prossimo anno sul 100 per cento del pil, l’Italia non è più sola. E non c’è solo il debito pubblico: la Spagna, che su questo fronte figura virtuosa, ha poi un debito privato enorme e inesigibile, che in un altro paese avrebbe già messo in crisi le banche. Il fatto è noto
(http://www.antiit.com/2009/12/la-spagna-e-piu-fallita-della-grecia.html
http://www.antiit.com/2009/06/riecco-la-spagna-spagnola.html), ed è stato denunciato già nel 2006, anche se finora si è preferito tacerlo: l’economia spagnola poggia sull’immobiliare, che da quattro anni è però ridotto a una partita di giro, giusto per non dichiarare fallimento, ma con costi alti sia per il sistema che per i ratios delle banche. L’esempio del Santander è quasi da farsa, della più grande banca iberica, che dichiara nove miliardi di utili, mentre ha crediti incagliati per un centinaio di miliardi. Il governo spagnolo, stretto fra l’euro e le banche, fa una scelta malthusiana, tagliando la spesa di 50 miliardi in tre anni, ed alzando l’età pensionabile a 67 anni. Per salvare il salvabile, cioè, taglia ogni possibilità di ripresa per molti anni a venire. Lasciando, col prolungamento della vita attiva, la disoccupazione ai suoi attuali livelli, che in Spagna sono del 22-23 per cento: niente occupazione nuova per un paio di generazioni.
Non c’è via d’uscita se non con una nuova filosofia del debito pubblico. Con un allentamento programmato, gestito, consapevole, del patto di stabilità. Tale cioè che non sia solo un tappabuchi, singole decisioni di singoli governi all’interno del sistema rigido, ma un’iniezione di flessibilità al sistema. In modo da innescare una ripresa: non si tratta di salvare il salvabile, c’è poco dal salvare volendo essere onesti, si tratta invece di rimettere il motore in funzione.

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