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sabato 17 aprile 2010

Salvata Goldman, Obama fa bau-bau

Nel bizzarro silenzio dell’anticapitalismo di professione, nel momento in cui le peggiori magagne del capitale vengono a galla, i superprofitti, la fraudolenza, anche senza la corruzione, la crudeltà, solo il presidente degli Stati Uniti Obama fa la faccia feroce. "La mia amministrazione è la sola cosa che ancora si frappone fra voi e le forche popolari", dice ai banchieri. Obama che è stato eletto dalle banche. Con un voto che si vuole specialmente “popolare”, nella storia elettorale americana, e che di conseguenza autorizzerebbe una politica populistica. Ma la cosmesi pubblicitaria del personaggio non può cancellare il fatto che Obama è stato il candidato dell’establishment: lui lo sa, l’America lo sa, i suoi padroni politici lo sanno. Non ha Obama a segretario al Tesoro anch’egli un uomo della Goldman Sachs?
Hillary Clinton l’ha anche detto alle primarie. Con una certa sorpresa è vero, che il Partito aveva proditoriamente puntato su Obama. Perché giovane ma sperimentato, affidabile, e nero ma non troppo. I finanziatori, cioè, e i “senatori” del partito Democratico. Che poi hanno convinto lei stessa, non era difficile, a cancellare ogni suo possibile ruolo politico nel paese facendo la ministra di Obama.
Goldman Sachs è in buona misura all'origine del crac. Con la speculazione fortissima del suo supermanager Paulson, l'uomo che farà poi il salvataggio come ministro di Bush, sui mutui poco garantiti - la speculazione sempre induce l'effetto su cui opera. Alla superbanca americana si deve, secondo Galbraith, in buona misura anche il crack del 1929, per i suoi investment trust, che raccoglievano il risparmio verso investimenti ad altissimo rischio. È un a sorta di vocazione, si può dire, che questa banca ha. E che forse ha fatto il suo tempo. Ma da non sottovalutare, la banca è sempre forte, e Obama ha tutta l’aria del cane che abbaia quando i ladri sono in salvo – quando la Sec stessa, che ora incolpa Goldman, li ha lasciati agire impuni. Goldman ha avuto la possibilità di fare bottino delle altre banche, di dividersi superprofitti a sei mesi dal crac, di fruire a bassissimo costi dei fondi federali – che poi ha trovato perfino più comodo rimborsare.

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