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sabato 6 febbraio 2016

Il patriarca di Putin

L’incontro tra il papa e il patriarca di Mosca non “cambia il mondo”. Viene dopo mille anni di scomuniche reciproche, e almeno cinquanta di approcci vaticani, dalla conclusione cioè nel 1965 del Concilio, che ha levato lembargo – le tante scomuniche. Ma le “incomprensioni” non sono finite, e la chiesa ortodossa russa non ha alcuna propensione verso Roma. È il patriarca in persona, Kirill, che ha questa curiosità, ma per arrivarci ha dovuto architettare un incontro semi-fortuito in aeroporto, all’Avana: il sinodo dei suoi vescovi non ne è contento. Per gli attriti secolari, e per uno recente: l’attivismo antirusso dell’ortodossia ucraina di obbedienza latina.
I vescovi hanno infine accettato, anche se l’incontro dovrà essere informale, perché Putin ne ha bisogno. L’ortodossia russa non è insensibile all’urgenza della patria. L’incontro è una delle tante iniziative di Putin per uscire dall’isolamento. Non tanto per la questione ucraina – nella disattenzione la divisione del paese sta diventando fatto compiuto. Quanto per le sanzioni.
Cinquant’anni fa era anche il tempo in cui il figlio di Breznev si faceva ricevere in Vaticano, dall’altro papa conciliatorista, Paolo VI. Nel quadro di una balorda westpolitik di Breznev, l’uomo che poi occuperà con l’armata rossa mezza Europa orientale.
Un passo avanti però c’è: Putin è più serio di Breznev – il cui figlio veniva a Roma a gozzovigliare con le squillo di via Veneto, facendosi scarrozzare in Ferrari (il sovietismo è stato anche questo). 

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