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domenica 14 giugno 2020

L'Europa sta nel mezzo

Sui Carpazi dilaga “un fiore gigante, alto tre metri”, che il kholkoz ha portato dalla Siberia, la proprietà collettiva dell’agricoltura sovietica. “Li ha piantati il kholkoz perché le mucche, mangiandoli, facevano più latte”, racconta l’albergatore che ha trasformato gli uffici del kholkoz. Ora il kholkoz non c’è più, e neppure tante mucche, “ma loro sono rimasti, hanno invaso le montagne. Non li estirpi nemmeno col lanciafiamme, e sono velenosi per l’uomo”. Il racconto inquieta Rumiz: “Chissà, forse il diavolo che inquieta i Carpazi si è nascosto in questa pianta killer. Già sul mare Artico ho incontrato un granchio gigante assassino dei fondali, portato dall’Asia in nome del progresso. Forse il demonio è il Globale”.
Non è l’unica premonizione giusta. A p. 222, quindi alla fine del viaggio, c’è tutto quello che sarebbe successo dopo non più di tre anni: “Se l’Ucraina smette di essere quello che è stata per secoli, cioè confine cuscinetto, per entrare in un’alleanza occidentale, succede il putiferio. Il paese, che è filo-russo a oriente, si spezza in due e allora Mosca interviene”.
Ma non è un saggio politico, è un viaggio lungo il limes, il confine, tra la Unione Europea non amata  e l’Est, da Nord a Sud – un viaggio “su una linea di periferia”, la Ue risentendo claustrofobica. Senza contare la storia: “Dal Baltico all’Ucraina l’Europa è tutta una necropoli, ancora da scoprire”.
La scoperta del normale, tanto è trascurato. Un itinerario inconsueto, e anche difficile da seguire, per scendere a volte di pochi chilometri bisogna viaggiare di bolina, per ore e giorni. Ma un itinerario che Rumiz si è disegnato orgoglioso, di cui fa il perno dell’Europa, il vero centro – a un certo punto trovandolo in un obelisco sperduto fatto erigere dagli imperatori di Vienna. Un viaggio comunque in un’altra umanità. Meglio, insiste Rumiz, nell’umanità. A fronte del grigiore europeo, da intendere Ue, solo animato dall’affarismo, con corredo di corruzione e mafie – al punto da minacciare di metastasi l’Est.
Se non che, anch’essa, “è una linea sismica solo apparentemente addormentata”. E non solo in Crimea e nel Donbass, la metà ucraina che pensa russo. Con argomenti: “Non si può pretendere l’indipendenza del Kosovo e poi non consentire l’autonomia dell’Ossezia dalla Georgia”, Rumiz si fa spiegare dallo “studente ucraino di Medicina, allegro e ben nutrito, capelli neri e lunghi come Gogol’”, quello che ha già prospettato la divisione del’Ucraina. E la Crimea: “Poi racconta della Crimea, che fino a ieri era piena di russi che andavano al mare e oggi non ha più turismo perché”… - perché, la verità è, gli ucraini non vi si sentono a casa: “Se ti piacciono i viaggi estremi”, lo studente sarcastico consiglia Rumiz, “vai in Crimea. Le montagne sono ridiventate una terra  pastorale feroce, come una volta”.
A un certo punto uno si sorprende a pensarlo un viaggio, un diario, di propaganda russa. Rumiz i russi trova anche i soli, o quasi, simpatici, ovunque ci si imbatta, bonari, curiosi, ospitali - anche gli “armadi” reduci di qualche guerra. Tutti in qualche modo di personalità spiccata, anche gli ignoranti – se mai ci fossero ignoranti in Russia, improbabili dopo il sovietismo. Ma non è questo che Rumiz racconta, benché slavofilo dichiarato. Del resto, la sensazione che l’Europa senza la Russia è dimezzata non è particolare, né “speciale”.
Il viaggio è nell’Europa dimenticata. Che Rumiz a naso sente, vanta, come ultimo muro contro l’inettitudine globale, seppure votata anch’essa alla scomparsa. “L’Occidente è il luogo dove lo sbadiglio regna sovrano”, si spiega a un tratto, non c’è nulla da raccontare. Senza la Russia senz’altro: l’Europa germanica non ha nulla da dire, a parte le pacche sulle spalle, e il bilancino della scienziata Merkel, del “troppo poco troppo tardi”. E quella latina si è fermata a Grillo, si può aggiungere, e alla triade più stupida che c attiva, altrimenti inimmaginabile , Sarkozy-Hollande-Macron: da quindici anni segna il passo.
Gli ultimi bagliori Rumiz vuole raccogliere di mondi in via di sparizione, se non già sepolti. E lo fa in compagnia di Monika Bulaj in qualità di fotografa e interprete, preziosa per molti aspetti, di comunicazione, per la conoscenza profonda della Russia, da polacca cresciuta dentro la cortina di ferro, e dell’ortodossia russa, di cui è studiosa e trattatista, che ora ristudia per “un libro sulla Gente di Dio dell’Altra Europa” – poi pubblicato come “Gente di Dio. Viaggio nell’altra Europa”. Con l’occhio clinico speciale cui l’ha addestrata la fotografia, che trova a Rumiz molte soluzioni pratiche, per l’ubiquità, la capacità di empatizzare con immediatezza e in profondità, con un’occhiata, una battuta, un gesto, scoprendo così, dissotterrando, miniere.
“Grande”, è l’esordio, “l’anima del popolo slavo d’Oriente”. E un mese Rumiz, viaggiatore disincantato, avrà di avventure, minime e micro, che però lo appassionano e sa compartecipare, dall’“iperborea Kirkenes a Istanbul”, “il vero centro dell’Europa”, col “fiume più bello d’Europa” – il Danubio, ça va sans dire, e il Reno? O il Tago, per dire. Per la nostalgia, anche, da letterato “esperto” di confini, di un confine vero abitando Trieste, all’epoca di Schengen, della falsa, superficiale identità comune: “Un viaggio borderline dal Mar Glaciale Artico al Mediterraneo”. Il titolo giusto sarebbe stato “L’Europa in verticale” – lo suggerisce a Rumiz un romito russo, a Kola. Quattro scoperte facendo già alla partenza, all’estremo Nord: “L’Unione Europea è alta mille chilometri più della sua larghezza”; vivendo al polo i fusi orari si restringono tanto che basta fare un passo a destra o a sinistra per cambiare longitudine; in questa contiguità di fusi, le ore si imbrogliano”: con la Norvegia in mezzo, chi va dalla Finlandia alla Russia in 10 km. deve mettere l’orologio insietro di un’ora e poi avanti di due; le carte geografiche locali non sono quadrate ma trapezi isosceli: è un mondo di diversità, imbricate. Per il viaggiatore curioso una goduria, malgrado i disagi estremi, la giornata di 24 ore con un tempo umido e ghiaccio a giugno, e zanzare a nugoli. Un viaggio anche nelle acque, per il bene, per i fiumi che da soli meriterebbero il viaggio, e per il male, per i laghi taciturni, bui, paludosi.
Paolo Rumiz, Trans Europa Express,  Feltrinelli, pp. 231 € 4,50


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