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giovedì 17 gennaio 2008

Petrolio giù dopo Bush - il Texas si riassesta

Non c’è tregua sul caro-petrolio. Che ondeggia sui cento dollari a barile, e sembra destinato a salire ancora. È possibile, ma la speculazione comincia già a tirare i remi in barca, e i texani si riassestano, nella certezza che il caro-petrolio non reggerà al dopo Bush. È una follia economica da tutti i punti di vista, eccettuato quello dei petrolieri, e concorre alla recessione incombente, solo la forza della presidenza americana la puntella. La crisi di Wall Street può sostenere i corsi delle materie prime, come dei beni rifugio, ma ancora per poco.
Il Texas è il maggior beneficiario dell’inarrestabile boom. Più dell’Opec e della Russia. Il Texas ha le maggiori riserve americane di petrolio e gas, anche se in diminuzione e a costo elevato, e ha le tecnostrutture e i gruppi d’interesse che gestiscono il mercato interno di tutta l’America e buona parte di quello internazionale. C’è questo fattore accanto ai tre che vengono portati a spiegazione del fenomeno: la crescita della domanda in Asia, i limiti delle riserve Opec, la speculazione in derivati sulle materie prime. L’interesse di Bush al caro-petrolio viene insinuato alla George Moore, come un complotto di famiglia per arricchirsi. Mentre i Bush sono una famiglia di politici e fanno politica. Ma, con George W., a lungo governatore del Texas, a favore appunto della Lone Star.

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