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sabato 12 giugno 2010

Dateci i nomi delle giornaliste

C’è un aspetto ludico, goliardico, ma non da poco. Quella del colonnello della Finanza che si vendeva le telefonate di Berlusconi a tre giornaliste, solo giornaliste femmine, è la storia più sapida di tutte le intercettazioni. Alle giornaliste il colonnello inviava anche piogge di sms, con richieste pressanti e profferte. Se i giornali si vendono col gossip, perché censurare proprio la storia che avrebbe fatto vendere copie a sfare?
Ma il fatto è anche serio. Berlusconi a Bari non si è reso colpevole di nulla, trombare non è reato. Il colonnello invece sì, è agli arresti. Ha diffuso informazioni di cui era l’ufficiale giudiziario, e per le quali era tenuto alla riservatezza. È un segreto di Pulcinella che alcuni ufficiali giudiziari (non della sola Finanza, per la verità) “confidano” con alcun i giornali o giornalisti. Questo non è ammissibile, anche se viene ammesso. E per una volta che questo reato viene punito, ogni giornale che si rispetti avrebbe dovuto darne compiuta notizia: una storia come questa non può essere minimizzata come è stato fatto.
Inoltre, le tre giornaliste, benché non soggette a provvedimenti penali, e anzi nemmeno nominate dai giudici, che tendono a considerarle vittime, sono in realtà corree. C’è già un reato di diffusione illegale di notizie, prima ancora che di diffamazione - o di semplice reato d’opinione, quello a cui indulgono gli scandalisti. Sono le tre giornaliste così amorosamente protette le referenti, o le corrispondenti, o le inviate, dei quotidiani che fanno l’opinione?

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