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sabato 11 ottobre 2014

Il vincolo esterno indebolisce le riforme

Dopo il fiscal compact – l’armonizzazione e la riduzione della spesa pubblica - il lavoro liberalizzato. È il tema fisso di Mario Draghi da alcune settimane, un po’ asintoticamente rispetto alle competenze della Banca centrale europea nel cui nome parla.
È un’estensione vasta delle competenze europee, dalle politiche di bilancio a quelle del lavoro. È un’estensione anche del “vincolo esterno”: l’artificio per cui i governi o gli Stati che hanno problemi a governarsi si fanno governare da Bruxelles (“l’Europa ce lo chiede”). E forse un’illusione: il vincolo esterno, promosso e (forse) efficace nel venticinquennio fino alla crisi del 2007, appare indebolito.
Draghi ne parla dopo che il ministro dell’Economia Padoan ha adombrato il “vincolo esterno” in materia di lavoro. Auspicando un “monitoraggio europeo” del riforme del mercato del lavoro, al fine di “fornire esplicitamente alle autorità nazionali strumenti per contrastare i gruppi di pressione  che si oppongono alle riforme strutturali”. Nel caso i sindacati, una parte di essi - una parte dellaCgil.
Renzi si muove diversamente, senza ricorso a Bruxelles. Probabilmente a ragione: il “vincolo esterno” è  risultato disastroso ultimamente in tema di finanza pubblica e economia reale. E più che rafforzare l’azione di governo la indebolisce, per il poco credito che Bruxelles riscuote. 

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