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mercoledì 22 luglio 2015

ll provincialismo al cuore dell'Italia

Racconti di vita rustica, un genere deserto. Che i luoghi già dei Sanmniatelli, il comune di Lari e il Castello di Perignano, hanno voluto recuperare – il castello è protagonista del racconto centrale, La terra perduta”. Con questa raccolta dedicata al padre, “il severo conte Donato” – dopo peripezie che il curatore della ristampa, Floriano Romboli, illustra: dal conte, anche “senatore del regno d’Italia”, il giovane Bino era fuggito via ai vent’anni, salvo finire a Parigi cantante in locali di terz’ordine, per essere rimpatriato su segnalazione allarmatissima di Guglielmo Marconi.
Il genere alletta. Ma queste novelle Sanminiatelli stesso definisce, riprendendole in una delle tante riscritture che amava, “molto cattive”. Lo sono, non tanto per le figurine che (non) le animano, di pazzi, stolti, malaticci, moribondi, quanto per la riscrittura, che non salva ciò che è nato male e spesso deforma. Qui nel senso del bozzetto letargico. Un provincialismo che ha una forte tradizione in Toscana, al centro dell’Italia e dell’italiano, e tuttavia irredimibile.
Si fa fatica a pensare che Sanminiatelli è morto solo trent’anni fa, attivo novantenne: è un’altra epoca. E tuttavia la nostalgia della riproposta qualcosa comunica: qualche tarlo rivive, della umanità vera della campagna e del “popolo”, malgrado l’abuso del manierismo. Pezzi di bravura: “Oh, la poesia estiva dei luoghi comodi campagnoli!”, cose così - che inevitabilmente si dppiano e si triplicano, incontinenti: “Poesia semplice e asemplice emeixnana, momonotoma e melanconic” per l’ebberzza dell’allitterazione. Nei vezzi dialettali e nella pscologia semplice, è questa scrittura peraltro all’origine, inconfessata, forse ignota, di Cassola e Cancogni nel dopoguerra: l’attenzione per il microcosmo paesano, per i destini minori, le passioni decerebrate. Bino Sanminiatelli, Bocca Mariana, Cld, pp. 207 € 10

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