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giovedì 5 marzo 2020

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (418)

Giuseppe Leuzzi

Il delitto d’onore, ora più spesso femminicidio, era anche in Goethe, “I dolori del giovane Werther”, alla lettera del 12 agosto: “Chi scaglierà la prima pietra contro il marito che in giusta ira immola la moglie infedele e il suo miserabile seduttore?”

Di uno che insolentisce i cinesi, vecchi di settemila anni, asserendo che “mangiano i topi vivi”, si direbbe che è un cretino. Oppure uno che si diverte a lanciare “topi” in rete, un  buontempone. Invece è Zaia, serissimo presidente leghista, cioè superiore a tre quarti d’Italia (quella “oltre l’Appennino”, diceva il professor Miglio), della regione Veneto. L’erede dei dogi.

Si fosse diffuso il coronavirus da Napoli?
E da Palermo?

Storie senza storia
Si gira per le Apuane tra nomi, Ugliancaldo, Culaccio, Cipollaio, Frigido (torrente), Bizzarro (sentiero), Pelato (monte forestato, uno dei pochi), le Calde, Volegno, Gabberi, Tambura, Contrario (monte), Penna di Sumbra, Pania Secca, monte Altissimo, che è il più basso, di cui nessuno conosce l’origine e il significato. Si gira per la Calabria meridionale come in Grecia, sapendo leggere l’alfabeto ellenico. Le targhe dei luoghi: Platì, Calabretto, Misuraci, Geraci, Iatrinoli. I nomi delle persone, i cognomi: Romeo, Tripodi, Foti, Laganà, Marino, Surace, Macrì, Cordì, Crea. Di una  storia ancora recente, all’inizio dell’anagrafe comunale, che nessuno conosce, nemmeno i professori. 
La memoria si esercita più spesso sulle storie, che può inventare, che sulla storia.
O è la gente di montagna che perde la memoria?

Messina bis
Ritornando a Messina dopo quarant’anni, nel 1906, nel ricordo dei mesi che vi passò di guarnigione al primo incarico dopo l’Accademia di Modena, Edmondo De Amicis non ne sa dire gli incanti. “I graziosi colli che le sorgono da dietro”, e “le grandi ali bianche lungo il mare a perdita d’occhio”. I nuovi viali “eleganti e ridenti”, “le antiche vie ariose e linde”, le piazze “ornate di palme”, i tramway che vano fin al Faro, “distante dal centro parecchie miglia”. E “la grande strada della Marina, su cui si stende una lunga schiera di grandiosi edifici” – la “palazzata”. Attorniata da villa Marullo alle spalle, il grande parco verde aperto al pubblico, un trionfo mediterraneo, di corbezzoli e sorbe in stagione, timo, eriche, cisti, lecci. in stagione prodiga di corbezzoli e sorbe. Poi ci sarà il terremoto.
Un reportage lirico. “Luminosa è l’aggettivo che mi è rimasto nella mente congiunto alla sua immagine. Come biancheggiava splendidamente fra l’azzurro vivo del mare e il vivo verde della lussureggiante vegetazione che copre l’anfiteatro dei suoi colli e dei suoi monti”. L’aria “limpidissima”, i due mari, lo Jonio “turbino carico”, il Tirreno “azzurro argentato”, per “una veduta immensa, serena, tranquilla”. Con una lunga storia “di guerre atroci e calamità spaventose, che a poco a poco emerge “davanti alla giocondità e alla freschezza di questa città d’aspetto così giovanile, che pare sorta ieri per incanto dal seno delle acque!”
Ma il danno era già fatto: “La bella Messina, privilegiata d’una delle più favorevoli situazioni geografiche del mondo, dove due mari si congiungono, posta quasi a contatto dell’Italia continentale e dotata d’un vasto e sicuro porto naturale, è piuttosto in decadenza che in via d’incremento”. Era, già nel 1906. “Essa patì, forse più di ogni altra grande città siciliana, i danni di cui si risentì in generale tutta l’isola dopo il primo rapido sviluppo di ricchezza seguito al 1860”. Che in realtà – De Amicis laico non può dirlo – non fu uno sviluppo, ma un mercato vivace dei beni della chiesa, la manomorta, a favore dei traffichini vecchi e nuovi, degli “amici” e degli “amici degli amici”, “fratelli” ma anche “sacrestani”, e senza quasi entrate per lo Stato. Mentre pesavano i “danni prodotti dalla filossera, dalla chiusura del mercato francese, dall’aggravamento spropositato delle imposte, dall’improvvida politica doganale del Governo italiano, tutta rivolta a vantaggio delle industrie e degli industriali dell’alta Italia e a scapito dell’agricoltura del Mezzogiorno e delle isole”.

Milano
Il processo della Procura di Milano a Berlusconi per le feste - il terzo, con i primi due non sono riusciti a beccarlo - è suddiviso in sette stralci, Milano, Roma, Torino, Monza, Siena, Pescara e Treviso. Si dice che cane non morde cane, ma a Milano si può. 

Lui invece, Berlusconi, trova il tempo, al tempo della peste, è del ritorno in politica tra alleati recalcitranti, a 84 anni, di lasciare la fidanzata di 34 anni per una di 30, con la quale passare una vacanza segreta (appassionata?) In Svizzera. Fidanzate più giovani dei suoi figli, che ormai gli fanno da padre e madre, ma questo non vuol dire. È  che il meglio che Milano propone, colto, insomma semicolto, e con esperienza di mondo, è questo festaiolo.

La strategia della tensione, o l’autunno della Repubblica, prima di Mani Pulite e della fine proclamata della Repubblica, è passata tutta da Milano. Fino all’incriminazione di Sofri nel 1989. Ci sarà una ragione. Gli affari si vogliono liberi.

Si teorizzava il demiurgo, da ultimo da Burzio, l’amico di Gobetti, due torinesi dunque, come aspirazione delle società deboli – il risolutore. Milano non è città debole, perlomeno non in Italia. Ma ha sempre amato e imposto gli uomini forti, da Napoleone a Mussolini, e a Bossi e Salvini.

A Milano fu pure violentata Franca Rame. Da un gruppo di fascisti dichiarati: Angelo Angeli, Biagio Pitarresi, un Patrizio, un Muller, nomi non meridionali. Così, di passata, dentro un furgone, tra botte e bruciature.

Si è brindato per questo alla caserma Pastrengo, una caserma milanese. Dei Carabinieri. Comandata da un napoletano, è vero, il generale Giovanni Maria Palumbo, volontario di Salò. Il tipo di napoletano che piace a Milano, gente d’ordine, giudici, camorristi, che li aborre invece se maestri di eleganza, eloquio, cucina.

I carabinieri della Pastrengo sapevano da sempre, cioè lo dicevano, che Sofri aveva fatto uccidere Calabresi. Ma non trovavano le prove, neppure un confidente. Bisognerebbe restaurare a Milano il iudex maleficiarum dei tempi degli Sforza, la città potrebbe avere il malocchio.

Un vigile urbano nel fiore dell’età si suicida perché ha fermato la macchina in un parcheggio disabili, subito fotografato, e insultato con asprezza su facebook e twitter. È successo a Palazzolo sull’Oglio, Brescia.
I lombardi sono inflessibili. Anche i disabili.

Un “Coglionissimo” milanese ricorre, in italiano, maiuscolo, in Lawrence Sterne, “La vita e le opinioni di Tristram Shandy” – al cap. diciannove del volume secondo. A proposito di “quel certo, finissimo, sottile, e fragrantissimo succo”, la sede dell’anima, “che il Coglionissimo Borri, il grande medico milanese, afferma in una lettera a Bartolini di avere scoperto nelle cellule delle parti occipitali del cervello”.
Giuseppe Francesco Borri wikipedia dice un alchimista mediocre e un avventuriero del Seicento.
Come un certo virologo del rispettabile, un tempo, San Raffaele di Milano, al tempo del coronavirus e subito prima.

Il Po da Piacenza alla foce è un acqua parco per la pesca sportiva. Monopolizzato da skipper tedeschi, che danno le barche anche in affitto, un paio di centinaia sono stazionate lungo il fiume.  Non pagano le tasse, scrive “Il Venerdì di Repubblica” e “si portano dalla Germania perfino la benzina perché costa meno”. C’è sempre uno più furbo. Tra settentrionali non è un’offesa?

Calci e pugni a una giovane capotreno di Como, e alla stazione di Seregno (Monza Brianza), di viaggiatori senza biglietto, nell’indifferenza degli altri passeggeri. Milano come Napoli?
Ma si potrebbe anche dire che i viaggiatori insensibili erano napoletani emigrati in Brianza – questi “napoletani” sono dappertutto.

L’Italia è ben dentro il virus cinese, l’area euroamericana più aggredita e peggio difesa. A partire dalla Lombardia, il Wuhan italiano. Che però non si scusa, e nemmeno si mobilita. Se non per le partite di calcio: l’Inter, la squadra milanese-milanese (ora per la verità milanese-cinese), fa fuoco e fiamme, denunciando imbecillità (altrui) e complotti per non farla vincere – che equivale, nel suo sentito, a non farla vincere.
Senza nessuna vergogna e con gusto anche degli interisti. Che non sono soltanto milanesi. Milano è un virus? Letale?

leuzzi@antiit.eu

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