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sabato 23 luglio 2022

Il gas algerino

Nel 1973 era in via di definizione il raddoppio delle forniture russe di gas, e l’Eni, allora monopolista delle importazioni, ragionava come allentare la dipendenza da Mosca, benché i sovietici fossero i partner commerciali più affidabili. Oscillando fra l’Iran, come avrebbe voluto il presidente Girotti, e l’Algeria, come si proponeva invece nei suoi uffici, Estero e Stampa Estero.
La vicenda è così narrata da Astolfo, “Non c’è anarchico felice”:

Omar Khayyam è nome di paglia, l’albergo è di un ebreo romano, confida il facchino con aria di sfida – al ghetto di Roma sono detti ebrei tripolini, anche se stanno a Bengasi. Il facchino sfida Gheddafi. Ma pure il colonnello è in affari coi vituperati sionisti: i petrodollari dà in gestione a André Meyer, sperando sempre che gli porti i Mirage – per fare la guerra a Israele? In questo deserto di pensieri, algido di marmi candidi e porcellane, benché carico di voglie, un Nuovo Progetto ha preso corpo: stop al gas dall’Iran e via libera all’Algeria. Tac e tac. Una nota incontestabile, tanto è venuta brutale, in cui si afferma che l’Iran non è fornitore sicuro, il regime dello scià non funziona, la distanza è enorme, e il trasporto, che si faccia per tubo o per nave, passa attraverso tre focolai d’incertezza, la guerra, la penisola arabica, e un paniere di prezzo troppo caro in rapporto alle termocalorie. Barando sull’ultimo punto, per la persistente ignoranza della termocaloria, ma un tecnico assicura che il gas dello scià è caro. Una nota scritta di getto, a volte tutto quadra, per essere stata pensata di getto, a una riunione a Politica Internazionale, mentre le orecchie traboccavano assopite del solito progetto di unione, federazione, lega del Maghreb, tra Marocco, Algeria, Tunisia, e pure la Libia, perché no – chissà perché gli arabi si dilettano di unioni, forse perché le sanno impraticabili.
Metà Ente vi si è riconosciuto all’istante, è per qualche motivo d’accordo - l’altra metà non sa di gas. L’Ingegnere ha un’inclinazione per le case reali, ma comincia a dubitare dello scià. Un’incertezza che ha portato su per basculaggio anche in lui l’Algeria. Pasquale, che puntava in pectore sull’Algeria, raggiante ha voluto pranzare insieme, per mettere a punto i vantaggi spiegabili dell’affare, un’indiscrezione ne è nata alla Lettera Finanziaria dell’Espresso e, potenza dell’informazione, tutti ne hanno tratto la certezza, dentro l’Ente, che la cosa è fatta o quasi. Pasquale dirige gli affari all’estero, con autorità maggiorata per la latenza di Metello. Ha il cognome dell’affascinante scrittore di Sora, col quale nega ogni parentela - ma lo scrittore aveva un padre Pasquale: trascurano entrambi le origini ciociare? Che la trattativa a questo punto si possa non avviare e concludere non pare inquietarlo, anzi lo diverte. Ma c’è un ma.
Bisogna costruire un gasdotto di 2.500 chilometri, per metà in Algeria e in Tunisia, una metà che l’Algeria deve a sua volta finanziare a metà. L’Algeria deve quindi partecipare a un quarto dell’investimento totale, ottocento milioni di dollari su 3.200. Il problema è che gli algerini non hanno i soldi, se prima non esportano il gas, né l’Ente può anticipare i soldi, non è bene esporsi troppo. È qui che Argentone in qualche modo è entrato nel progetto, per l’idea che ha avuto di aiutare gli algerini a vendere all’estero, negli Usa, nell’Urss, in Australia, dovunque serva per il taglio, o a venderlo direttamente in bottiglia, tutto il vino che producono e che la Francia non può più ritirare perché la Comunità europea lo impedisce. Così fanno valuta e investono, potendo scontare immediatamente presso qualsiasi banca gli impegni pluriennali per il ritiro del vino.
Pasquale ha storto il naso: quanto potrà valere il vino? Ma non è questo il problema. È che Argentone dev’essersi venduto l’idea e l’Ente ha ora la Francia alle calcagna. Mentre il negoziato non è neppure partito. E non per il gas. Né per Foccart, che non conta in Nord Africa, assicura Hardouin, Pompidou non lo ama, ma per i compagni. Sono arrivate telefonate da Botteghe Oscure, e dal sindacato. S’è allarmato il banchiere Banti del Mediocredito, un socialista, che dovrebbe finanziare il gasdotto. E il Presidente, bravo ingegnere che la politica frastorna, tituba. Quel vino pare lo debbano vendere le cooperative francesi, capitanate da Jean-Baptiste Doumeng, un uomo d’affari che ha fatto i soldi con Mosca e ha quindi il sostegno dell’Internazionale, l’ex. Pasquale invece è contento:
- Che ce ne frega del vino? – ha detto, e intendeva: del Pci, della Francia? - Gli Usa vogliono agganciare l’Algeria. L’Algeria chiederà un prestito di favore alla Eximbank Usa, e lo otterrà. - Potenza delle idee."
 

Non è necessario sperare per intraprendere, era l’insegna del Taciturno in Olanda. Così la missione è andata ad Algeri, è tornata via Parigi, e a Roma ha fatto marcia indietro. “Si firma” fu il messaggio a Fiumicino, alla attesa dei bagagli coi vicini di volo da Parigi, il celestiale Ferreri con la segretaria giovane dagli occhiali severi, curata alla perfezione, nel viso e le forme. Sarà il segreto dell’astinenza, il moderno narcisismo? Compagno nell’andirivieni il modesto Servizio segreto di Gehlen, l’impensabile scontato cioè, il capo delle spie di Hitler all’Est passato a capo delle spie della Germania Federale, se non per la curiosità, per l’ometto del congresso dei rêvenants del dottor Schacht a Monaco. Diecine di casse degli operatori cine-tv da riesportare con laboriose bollette, biglietti da riemettere con assegno personale, scoperto, e in serata di nuovo all’Aletti. Il portiere ha sbarrato l’occhio guercio, ma non ha osato negare le camere.
La delegazione era rimasta al Saint Georges, la residenza ufficiale, tra i cedri e gli oleandri, ancora in fiore. E le passeggiate sono riprese, a-vanti e indietro per le terrazze del parco, incerti se firmare. La trattativa virtuale per il gas si è materializzata, e anzi tutto in breve si è definito, indici, prezzi, impegni. Il Progetto Qualità ha preso il binario giusto, e i capitali algerini nel gasdotto li mettono gli Usa. I due governi non si parlano, ma Pasquale ha avuto ragione, l’America vuole l’Algeria affrancata, da Mosca e Parigi. Resta da firmare il contratto. Ogni possibile diligenza è stata espletata, né si può deludere l’America. Ma l’Ingegnere va sempre su e giù per il parco, con i collaboratori, le fermate scandendo con un:
- Boh! - L’enigmatica sintesi non scandalizza: in epoca afasica, quando la parola non dice, la sintesi è pregio. Ma se Marcuse fosse stato al Saint Georges avrebbe rivisto il suo decennale principio di prestazione, il codice perentorio, come lo chiama?, di operatività, efficienza, rendimento. Altro che principio di realtà, l’imprenditore è un pazzo libidinoso, che compie atti gratuiti, talvolta a buon fine. Un investimento si può fare e si può non fare, l’esito dipende da visioni, bluff, retoriche, combinazioni impalpabili, celate, esoteriche, e se non funziona tutto può crollare, l’impegno d’una vita, di centinaia, migliaia di vite. La razionalità in economia si calcola dopo. L’investimento è una scommessa, è girare a un bivio a occhio, senza cartelli. L’eros è la civiltà, nel capitale. Il demone occidentale non è muscoloso Prometeo, né Atlante sotto i pesi, che tra i cabili è di casa, è l’ingegner Dedalo, uomo di passioni semplici e modeste intuizioni, quali il disegno del labirinto, il filo per uscirne, il volo, la clonazione: certe cose, se è possibile, si fanno, non c’è altra regola.
Ma c’è altro nella ginnastica: l’Ingegnere ha paura di morire. Ucciso. È possibile, e non per la suggestione del luogo: il cavaliere di Saint-Georges, meticcio di una schiava col conte omonimo, precettore di musica di Maria Antonietta, nel 1791 creò la Legione straniera africana. La fine del Principale è all’Ente tormento inestinguibile. Arcangelo ne ha dato una volta, senza esserne succube, una spiegazione che ora suona sinistra:
– Se non fosse morto l’avrebbero ucciso – ha detto, in una delle tirate contro la persecuzione giudiziaria: - Ci processano perché non hanno più la vittima simbolo da immolare. L’ingegner Ippolito l’hanno sbattuto in carcere per avere usato la jeep aziendale a Cortina. – Loro, i giudici e i petrolieri, per abbattere con Ippolito la concorrenza nucleare. – I giudici sono boia freddi. La giustizia è l’affare dei corrotti: tutti quelli che creano qualcosa li perseguita caparbia e li ricatta, Agnelli, il senatore, Gualino, Marinotti, Sinigaglia, per conto dei più corrotti. – Perfino Beneduce, socialista e malato. - E non si fa per questo neanche pagare, è corrotta dentro. - Il gas fa più concorrenza delle centrali nucleari.
La Francia sperimenta nel deserto algerino dove giace il gas le armi chimiche, compartecipi gli addetti militari americani e britannici. La ragione di Stato è forte in Francia, gli algerini ne presero a suo tempo atto, pur coraggiosi e determinati, quando il generale Massu codificò l’applicazione di elettrodi ai genitali per meglio farli cantare. Per questo, essendo l’Algeria troppo nervosa per il suo temperamento, l’Ingegnere ha inviato una delegazione in parallelo a Teheran. Ha deciso di mandarla, non si sa se è partita, e di dirlo  ai giornali, e si telefona con Teheran:
- Portiamo l’Algeria in Europa, perché non l’Iran? – argomenta. Il perché lo sa: l’Algeria è vicina e vende il gas a meno. Ma nessun riscontro è venuto ai segnali, e l’accordo s’è sbloccato la sera a cena.
Nel mutismo generale tutti hanno finito per ascoltare l’aneddoto del vino: come il vino algerino arrivi in Francia, a Sète, pronto per il taglio, camuffato da vino siciliano, prodotto da vigne inventate di famiglie principesche e mafiose, che concordi, sostenute dalla Francia, fanno tesoro dei contributi Cee. È aneddoto di Quintilio, tuttofare assiduo dell’Ansa nel Nord Africa, patrocinato da Aldo - lo stesso che risiedeva a Parigi lavorando per i marocchini, ed era a Rabat per l’attentato al re. Ma è giusto, è dalla Sicilia che la vite è tornata in Algeria nell’Ottocento. E la storia sa che
in Sicilia, caso insolito, i nobili sono amici dei criminali. L’Europa favorisce l’agricoltura di carta: non c’è obbligo di produrre olio, latte, carne, vino, basta dire d’averlo fatto, esibire fatture, e passare alla cassa. La Cee realizza il sogno contadino di guadagnare senza artrosi, e senza calli. L’Ingegnere ha perso il ritegno al punto in cui Doumeng fattura il vino ai siciliani invece che agli algerini per una commissione. Che un comunista pretenda il pizzo dai mafiosi lo ha divertito immensamente”.

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