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lunedì 22 gennaio 2024

La corsa al Congo

Tra fine Ottocento e primo Novecento, nel mezzo della spartizione dell’Africa – lo “scramble for Africa”, la corsa all’Africa - tra i paesi europei, grandi e piccoli, sanzionata da un congresso a Berlino nel 1885, dell’Inghilterra, la Francia e l’Olanda, vecchie potenze coloniali, con le nuove entranti Italia e Germania, una insistente e vasta campagna politica e di pubblicistica fu avviata contro il dominio belga del Congo. Il dominio era stato acquisito a titolo personale dal re del Belgio Leopoldo II, come impresa commerciale, lo Stato Libero del Congo, ma presto si era rivelato fruttuoso e anzi ricchissimo – sarà poi annesso al Belgio, nel 1908, mettendo fine alla finzione indipendentista, tipo Liberia, alla stregua degli altri domini coloniali europei. La ricchezza insospettata, enorme, del Congo, fece l’invidia delle potenze, che reagirono imputando al re Leopoldo, al Belgio, tutte le nefandezze coloniali: lo sfruttamento minerario, la tratta del lavoro, anche minorile, la miseria indotta, le malattie, violenze senza limiti, nemmeno di fantasia (gogna, amputazioni, esecuzioni a bruciapelo, incendi – non sfruttamento sessuale, questo era libero anche per i virtuosi, missionati compresi).   
La campagna, avviata in Inghilterra, si estese presto agli Stati Uniti. E durerà a lungo: ancora negli anni 1930 diventerà subito famosa la denuncia di André Gide, “Viaggio al Congo”. Come se al Congo le condizioni coloniali fossero peggiori che in Rhodesia o in Guinea, e perfino in India, o al tempo delle concessioni, tra Otto e Novecento, in Cina.
L’avvio della campagna si fece a Londra sulla base dei ricordi di un  Mr. Glave, un giovanottone “che era stato per sei anni al servizio dello Stato”, e per due, “fra il 1893 fino alla sua morte nel 1895”, fu in Congo, che girò liberamente, in teoria come commerciante. Con “mucchi di mani amputate… di uomini e donne, e anche di bambini piccoli”. I ricordi di Mr. Glave furono suffragati lo steso anno 1895, il 18 novembre, da un missionario americano, Mr. Murphy, sempre a Londra, sul “Times”. Sempre con mucchi di mani mozzate, di bambini. Seguono testimonianze varie, tra  cui, in una riga, il capitano Baccari, inviato dal governo italiano, un medico-farmacologo che ebbe il sospetto che lo volessero avvelenare – ma non fu avvelenato, farà in tempo a diventare governatore della Cirenaica a fine 1922 (succedeva a Luigi Pintor, lo zio di Giaime, e di Luigi del gruppo del Manifesto).
Lo scandalo ufficiale fu aperto nel 1904 con un Libro Bianco sull’Africa, compilato a Londra, contenente un rapporto del console Roger Casement, di 62 pagine. Un rapporto pieno di mutilazioni, inflitte per “estrarre più gomma”. Il Congo era una miniera a cielo aperto, di ogni minerale pregiato, particolarità certo non ignota a consoli, commercianti e esploratori, ma solo la lavorazione del caucciù era denunciata: si giocava a carte coperte.
Roger Casement, console a Boma, la città portuale sul fiume Congo, anche questo è istruttivo per la vicenda, entrò nel servizio pubbico britannico dopo una lunga attività commerciale, di una decina d’anni, nell’Africa nera: comprava (a poco) e vendeva (a molto). Dopo la pubblicazione del “Rapporto sul Congo” sarà confinato da Londra in Perù. Nel 1916, fautore dell’indipendenza dell’Irlanda, sarà condannato per tradimento e impiccato.
Subito dopo la pubblicazione del Rapporto Casement, i Comuni vararono una Commissione parlamentare d’inchiesta. Una Congo Reform Association (Cra) fu quindi presto creata, che dispiegò un’enorme attività contro il re belga e il Belgio, tra missioni e missionari di ogni confessione, nelle chiese episcopali e battiste, nei giornali in Gran Bretagna e in America, in conferenze, eventi, convegni, e in una vasta pubblicistica di gran nome: Mark Twain, Anatole France, Conrad (“Cuore di tenebra” sarà ambientato nel Congo). E Arthur Conan Doyle; nel 1909 intraprese questa denuncia, al culmine della stagione dell’imepgno civico e politico – prima della stagione degli spiriti.
Il libello del creatore di Sherlock Holmes è il meglio documentato, anche se non di prima mano – il meglio argomentato. Con misura, e quindi con durezza condivisibile. Una lunga introduzione di Giuseppe Motta, specialista di Relazioni Internazionali, mette il pamphlet  in prospettiva, nel contesto della generale contestazione del Belgio. Mancando però, con ogni evidenza, l’essenzale: la speciosità della questione, sollevata a Londra tipicamente, per sgravarsi delle proprie colpe, e insieme per insidiare un ricco, ricchissimo, immensamente ricco, bacino minerario caduto in mano al più piccolo dei re, e al più nuovo, piccolo e debole paese europeo, in sé e nel quadro dell’imperialismo condiviso. 
L’incriminazione di Leopoldo II prima e poi del Belgio nel Congo rientrava scopertamente in una strategia intesa a recuperare influenza, se non domini, sulla parte più ricca dell’Africa. L’espansione coloniale si era fatta a caso, su disegni militari, e casualmente le aree africane più ricche di materie prime ricche, oro, diamanti, etc., era rimasta fuori dai disegni anglo-francesi – come poi ancora, a fine Ottocento, da quelli italo-tedeschi. Capitando in mani belghe nel Congo e, nella colonia del Capo (poi Sud Africa), olandesi. Contro gli olandesi del Capo Londra dovette fare guerra, due guerre negli ultini vent’anni dell’Ottocento, per l’oro del Transvaal. Lo stesso Conan Doyle ritiene di doversi giustificare, alla fine dalle obiezioni: quella contro il Belgio è una campagna inglese, dei mercanti di Liverpool, dei protestanti contro i cattolici.
In Belgio il re Leopoldo II rispose, dopo una prima resistenza, con una sua propria commissione d’inchiesta. Apparteneva allo stesso casato dei reali inglesi, Sassonia-Coburgo-Gotha, e si pensava protetto istituzionalmente, le critiche attribuendo agli antischiavisti – tra i quali annoverava se stesso. La commissione non poté non constatare le pratiche vessatorie in uso. Allora Leopoldo II aprì la colonia gli interessi americani, dapprima, e successivamente anche britannici. Infine istituzionalizzò il Congo come colonia del Belgio, non più Stato libero suo possedimento personale. Le polemiche continuarono. Ma gli investimenti pure, soprattutto poi americani, e il Congo sarà uno degli ultimi paesi africani (se si eccettuano le colonie portoghesi) a ottenere l’indipendenza, nel 1960.
Arthur Conan Doyle, Il crimine del Congo, Bordeaux, pp. 165 € 14 

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