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lunedì 7 gennaio 2008

Secondi pensieri (8)

zeulig

Analisi – In senso pratico si può dire palestra di narcisismo. Il narcisismo del narcisismo, per il compiacimento, se non altro, del linguaggio scoperto. Calvino, Italo - È un giocoliere, represso nell’epoca dell’impegno politico. Il gioco sarà stata la sua unica passione. Era appassionato di giochi semplici: “Il barone rampante è favola che viene dall’araldica (il leone rampante), “Il visconte dimezzato” è la metà di mezzo conte. È stato uomo di gusti semplici e appetiti regolari. E dopo “La giornata di uno scrutatore”, pubblicazione attardata, dà e vuole dare la sensazione di lavarsi continuamente le mani: per essere stato nel Pci? alla Einaudi? Cristianesimo – Non è un’etica: questa c’era, e c’è, anche altrove, altrettanto raffinata e irenista, amore del prossimo compreso. Mentre una sola bella donna mette in imbarazzo i poreti, e anche i cardinali. Il Deuteronomio e i Vangeli dicono di scegliere il bene e la vita invece del male e della morte, ma sembra solo ovvio. Non c’è ancora un’etica senza religione, non c’è stato ancora un popolo ateo per tre o quattro generazioni, il tempo di cancellare la memoria del divino, ma questo è un altro discorso: di valori è pieno il mondo, senza costrutto. Non è escatologico, per la promessa della salvezza in altri mondi. E non è conquistatore: Cristo, che è il suo fondamento, è finito male, tra due ladroni, giustiziato da povera gente, povera di spirito. È un’istituzione, l’unica durata così tanti secoli, e in quanto tale può attrarre o respingere. Ma soprattutto è Cristo, questa figura unica di Dio con noi. Che molte cose ha detto giuste, come tanti le dicevano all’epoca, e talvolta si è stizzito, non sempre amorevole se non a sorpresa – ridurre Cristo a un uomo buono è un’assurdità.

Dio – Questa curiosa storia che Dio sta lì, con la barba, un Mosé di Michelamngelo un pochino più in alto nella gerarchia, oppure non esiste. Certo che esiste, sennò che ci stiamo a fare? Chi o dichiara morto, Nietzsche per esempio, è per questo motivo: che non esiste più l’uomo, in quanto Nietzsche e in quanto essere umano, rimane la bestia – non dice che Dio non esiste, dice che è esistito ed è morto. Non è immutabile, anche se si dice il contrario. Se non sotto la specie dell’Eterno Ritorno. È lo “Stesso” di Heidegger, sì. Ma per essere l’Essere sfuggente – in francese si direbbe “du pareil au même”, che però non suona alto, ed è finito a insegna commerciale. È incredibile quanto rimbalza dacché è stato dichiarato morto. Morto è il Dio della dogmatica, vivissimo è il Dio della filosofia, che fino a ora si era sempre qualificata atea. Non esiste se non filosoficamente. Si separa fede e scienza, fede e ragione. Ma Popper e Heidegger, arrivati al bordo del nulla, riportano il mistero nella scienza e nella ragione. Rovesciano la prova di Locke (“non ne sapremo mai abbastanza per affermare che Dio non può infondere il sentimento e il pensiero nell’essere chiamato materia”), avendo perduto la fede nella ragione. È l’apriori di Kant. Non sarà nella natura ma è nell’anima – l’anima è la natura dell’uomo: Dio è la “natura” dell’anima? È l’uomo nella natura.

Diritti – Quelli umani si vogliono sostituire a quelli naturali: aborto, eutanasia, procreazione artificiale, clonazione, adozione libera. A quelli naturali mancano le tre virtù virtù teologali: la carità o compassione, la speranza, la fede. Il desiderio di alleviare le sofferenze di tutti, o di migliorare il mondo. Non si possono opporre ai diritti umani, né questi da considerare da meno dei diritti naturali – la medicina c’è anche in natura, ma bisogna saperla utilizzare. È però vero che i diritti umani tendono all’annullamento (suicidio): a infrangere cioè la loro stessa natura vincolistica, di paletti e miglioramenti da introdurre nella natura bruta.

Fede – Vi si accede con la ragione, i preliminari sono razionali. Attraverso i quali si esercita la grazia. È attività razionale più che emotiva (miracolosa-stica). Anche la grazia deve trovare terreno favorevole nella razionalità.

Filosofia – Discende dalla religione, e ad essa riconduce. Dal tentativo – bisogno? – di spiegare la vita e la morte. È retorica. La buona filosofia è buona retorica. Ha un souci de verité ma non è la verità – l’essere, la sostanza delle cose e delle parole. È una forma espressiva. È parte del linguaggio, una sua sfaccettatura, le altre essendo la poesia, la narrazione, etc., le vecchie arti liberali, con un diverso trivio e quadrivio.

Giallo - È genere democratico. Per gli ambienti, i personaggi e le vicende, morti che non hanno nulla di eroico. Ma soprattutto per l’enfasi che pone sulla giustizia, che è il fondamento dell’uguaglianza. Esplode e s’impone con la democrazia e la domanda di uguaglianza. Più spesso ne dà l’illusione, col giallo alla Christie, con le verbose razionalizzazioni. Da cui le logiche di Eco, di induzioni, deduzioni et sim. Nella sherlockholmesiana e nel noir ne fa invece vedere le tensioni, o l’impossibilità pratica: la giustizia è l’ingiustizia. Il sentimento della giustizia cioè è sconfitto. Non alla Manzoni, o alla Sciascia, non tanto, per l’ambiguità della storia o della provvidenza, ma per le pulsioni invincibilmente perverse degli uomini, e delle donne, e per l’incorreggibile indigenza delle istituzioni. Sciascia immagina il giudice e l’inquirente pensosi, per un’idea della giustizia astratta o magisteriale, da giovane maestro di scuola. Nessuno scrittore vero di giallo-noir si attende nulla dai giudici. Il che ha a che fare con la giustizia – che non è un fatto di tribunali – ma di più con l’enfasi anarchica che sta all’origine della fortuna del genere. È un’uscita di sicurezza. Non è solo induzione e deduzione. È anche consequentia mirabilis, regola logica che è anche matematica (da distinguere dalla comune conseguenza formale, sintattica o semantica), che rileva la verità di una proposizione dalla sua negazione, dall’inconsistenza della negazione. Era la prova di Dio degli scolastici: la consequentia mirabilis era il modo con cui Dio ha creato dal nulla. Ma più tipico è il caso di Aristotele: un atto, pur essendo singolare, non solo è conoscibile, ma è condizione della stessa conoscenza, poiché nessun ente è, se non in atto e in potenza. È il principio sherlockholmesiano della realtà. È tipicamente narrazione giocosa, invenzione, sorpresa, seppure nel noir truculenta – com’era prima della linearità psicologica. Anche le passioni vi sono gioco da (de)costruzione.

Giustizia - È per un cristiano non affare di legge ma di coscienza: si è legge a se stessi. È già così nella tradizione di Socrate, cioè di Platone, ma san Giovanni ne fa un precetto nel suo Vangelo, 1, 17: “La legge fu data a Mosè, la verità e la grazia si diffondono con Gesù Cristo”. Per questo la legge è sempre insoddisfacente. Il male del resto è molto più grande dell’illegalità, assassinio compreso: il rapporto è del cinque, forse dieci, per cento rispetto a tutto il male auto-inflitto, a quello della natura, malattia compresa, a quello degli affetti, del lavoro, dell’invidia, della gelosia, dell’avarizia e di ogni altri peccato, e della prepotenza quotidiana, specie di quella dei tutori dell’ordine, che in Italia vogliono essere sbirri.

Ipocondria – È inscalfibile: la mancanza di orgoglio o amor proprio, che oggi si dice autostima, è una corazza dura. Si manifesta fragile, come un bisogno, quasi una supplica, e questo suscita dispobinilità e affetto, ma non è debole. Induce un compiacimento impermeabile a ogni influsso: l’isolamento totale che coltiva è in realtà pienezza di se stessi, anche se rivestita di fragilità e bisogno, che rende impermeabili a ogni evento, influsso, persona. Non si può voler bene a chi non si vuol bene. L’affetto è destinato a degradarsi, per finire nell’ossessione. L’ipocondriaco è destinato anch’egli a perire, ma dopo aver distrutto numerosi altri, che magari si presumevano più forti, tanto da volerlo aiutare.

Manzoni – È – sarà – il primo scrittore del nulla. È uno storico, nei “Promessi sposi” non c’è alcuna traccia del sacro. Vi è indotto, da padre Angelini e la Morcelliana, e per la trentennale o quarantennale applicazione del Manzoni a qualche inno sacro, applicazione cioè faticosa, ma non c’è nel romanzo. Nemmeno nelle lunghe scene di morte.

Opera - È sempre un capolavoro, in rapporto all’autore e alla vita.

Origini – Determinano l’effettualità della storia, degli accadimenti. Per esserne la causa, o anche soltanto il momento della cristallizzazione di esigenze o desideri: tutto è contenuto nell’origine. La riprova è nel ritorno alla origini, meccanismo di analisi degli eventi, sia pubblici che privati. La ricostituzione del momento nascente, prima dei passi falsi o delle sedimentazioni corrosive, può spiegare la successiva evoluzione e anche salvarla.

Problemi di base Che ha pensato Dio quando il suo unico Figlio fu messo in croce? È cercando che si trova. O si trova quello che si cerca? Che succede al ristorante quando c’è una rapina o un assassinio, gli avventori devono pagare il conto?

Rapimenti – I figli pagano per i padri. I padri, di solito, per i figli.

Resurrezione – Se si muore tante volte in una vita, altrettante all’evidenza si rinasce. Non ci sarebbe da preoccuparsi, dunque, se non che ogni volta può essere peggio.

Sogno – È quello che si ricorda del sogno. È una ricostruzione. È selettivo più che automatico. 

Soprannaturale – È provato dal fatto che c’è. Nel pensiero, certo. In contrasto col realismo circostanziale della logica.

Storia - È di tutti, una battona. Non ha passioni, il suo cardiogramma è lineare, è piatto e uniforme. Anche negli sconvolgimenti, è un metronomo: il tempo fluisce uguale a se stesso, anche la natura con i suoi cataclismi. Le passioni sono solo umane – e dunque la storia è disumana? È sempre personale. E la persona è entità mobile, inafferrabile. Anche riflessa nella logica, o filtrata dall’esame di coscienza, resta della realtà dei sogni.

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