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mercoledì 21 gennaio 2009

Un millennio senza autori

Dopo i settantenni i quarantenni. Anche Cortellessa, principe della generazione, raccoglie il suo Novecento – “una prima serie”. I suoi autori sono gli stessi, i poeti, Montale, Fortini, Zanzotto, Giuliani, Sanguineti, e i narratori, Savinio, Landolfi, Gadda, Calvino, Manganelli, Celati. Con la solita trascuratezza: sempre è il Novecento che socraticamente vediamo esagerato, nelle politiche di programma e i piani quinquennali, dal Futurismo al Politecnico, ai Novissimi e al Guppo 63, e prosaicamente attendato al lavoro della terra, Manzoni magnificando e Verga, che sono l’essenza anche del bernabeismo o raismo e della Dc, le diane della Repubblica, ma orfano dei nonni Pirandello (Bontempelli, Svevo, Montale, Landolfi, Quasimodo, Sciascia) e D’Annunzio (Gadda, Alvaro, Luzi, Pasolini, Calvino) nella prima parte, degli americani liberatori dall’altra, rimasta sterile, dai Gettoni nati morti alla scuole Holden di scrittura, a dispense.
Con una novità, però. Seppure senza radici, Cortellessa guarda i suoi autori con un suo specchio particolare, quali “autori critici”. Molti critici del Novecento sono grandi scrittori, in tutte le lingue e le letterature, da Benjamin a Sklovskij, Barthes, Debenedetti (e Citati, Magris, Pedullà), e molti scrittori sono anche critici. Lo sono sempre stati, si può dire, ma nel Novecento, il secolo delle poetiche e dei fabbri (alla Pound), in modo speciale. Cortellessa ne indaga, attraverso le loro confessioni, gli stilemi, i calchi, i rimandi, l’esercizio critico, sui quali essi si sono a loro volta formati. Da qui il concetto di libro segreto. Che è un po’ quello di D’annunzio, il cassetto, l’opificio, il laboratorio, ma è anche diverso: questo di Cortellessa analizza come gli scrittori del Novecento si sono posti riguardo alle loro radici e ai maestri, più o meno riconosciuti. Un esercizio che spera evidentemente proficuo.
Il Novecento è insomma una miniera inesauribile. Ma proietta sui giovani critici, ancorché autori, un’ombra: di che stiamo parlando? Non c’è materia per i contemporaneisti. Se non, appunto, ancora il Novecento. Quando già un decimo del nuovo secolo è trascorso senza traccia. E gli autori del 2008 sono i settantenni (sempre Magris, Citati, Pedullà). Senza contare che il Novecento s’è fermato al 1980 o poco più – al primo Tondelli, all’ultimo Tabucchi prima che entrasse nella clandestinità antiberlsuconiana.
La giovane critica ferma al Novecento
Muoiono in tanti dopo Nietzsche e Dio. L’autore, il romanzo più volte, e la letteratura, che la scrittura sostituisce, cioè la critica. Ma di che? Nonché il testo, lo stile, una storia, un personaggio, che incida e si ricordi, non c’è l’autore. Ci sono molti libri finalmente nei giornali, anche nei supplementi pubblicitari, ma non ci sono autori o libri per i critici. Che la contemporaneità ritrovano nel Novecento. Forse il Duemila non si può quindi scrivere. Ma ci può essere un secolo non secolo? O non è questo materia di critica?
Bisogna essere indulgenti. I critici si parlano tra di loro, si becchettano, e per questo sono irritanti – parlano di metodo, di metodo del metodo, e di non metodo. Ma visti da fuori sono uccelli in gabbia, diversi, anche speciali, o macachi, roba da zoo, specie in estinzione o in ibernazione da proteggere. Perché non hanno più materia. Hanno ancora una funzione, posti all’università e nei giornali, ma non i libri. Il libro, che infine ha conquistato spazio nei giornali, fa ora a meno dei critici. Gli editori vogliono tirature minime di ventimila copie, più le traduzioni obbligate (i diritti dei best-seller comportano pacchetti di diritti) e si occupano di marketing: buone confezioni, buone presentazioni, anticipazioni, promo, e un uso anche ingegnoso degli incentivi alle vendite (concorsi a premi, sconti a termine, buoni sconto, vendite in blocco). Il critico può farne parte, per prefazioni, anticipazioni, presentazioni, con premi e regali.
Non manca il rispetto ance in questa editoria per il critico: ogni best-seller è preceduto da un dittico ditirambico di un critico - viene dopo la presentazione ai librai e una settimana prima dell’uscita del libro. Ma niente di memorabile, degli ultimi venti anni, anche trenta, niente resta. Non c’è niente da scrivere di Camilleri e Saviano, i più venduti di ogni tempo, e anche di Baricco. Perfino zero, a parte il Montalbano del cinema, nel genere giallo dominante, né in Italia né fuori: non un Chandler, un Hammett, una Millar, neppure uno Scerbanenco. Il libro segreto dei critici è ora il libro degli altri critici. Che, per quanto ben scritto, non è consolazione.
Andrea Cortellessa, Libri segreti. Autori critici del Novecento italiano, Le Lettere, pp.460, € 38

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