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lunedì 28 dicembre 2009

Gelmini e le giavazzate, la goccia e l'università

Ha approfittato dei consigli del nemico Giavazzi per bloccare tutti i concorsi in essere. Ha costituito, autorevolmente consigliata dal suo nemico, delle commissioni che non riesce a riempire. Due generazioni ha già fatto saltare di nuovi docenti all’università, e ancora non ha finito. E magari non sa neanche di averlo fatto, magari è convinta che col grembiulino alla scuola materna e la maestra unica, la scuola italiana sia già di livello planetario.
La storia delle commissioni uniche nazionali di Giavazzi-Gelmini è una gag comica: si costituiscono commissioni con un numero minimo tale che tutti gi ordinari non riescono a riempirle… Qualcuna si riuscirebbe a riempirla a condizione che ognuno degli ordinari voti per sé: basta che qualcuno voti generosamente per un altro, come a Storia contemporanea, che il numero minimo non si raggiunge. E per “fare” Storia contemporanea si è dovuta aprire la commissione anche ai modernisti.
Non c’è da aspettarsi autocritiche dal professor Giavazzi o dal “Corriere della sera”, la loro autorità non ammette deroghe – anche se giavazzata sarebbe un ottimo neologismo, per acume vanitoso. Ma Gelmini? A che pro fare il ministro di una cosa che non c’è, o si vuole cancellare? Nella sua carriera le è anche toccato di fare un discorso alla Camera, e si ricorda che disse: “Sarò inflessibile, sono come la goccia che scava la roccia”, qualcosa di simile. Certamente è la goccia che sta scavando l’università.
La qualità dei ministri del governo Berlusconi è questa, quella dei non residuati socialisti, in particolare quella delle ministre giovani e belle, e c’è poco da obiettare. Ma anche all’opposizione nessuno se ne occupa, né all’estrema sinistra, né all’estrema destra dei tribuni Grillo e Di Pietro. E neppure nel pensoso Pd, che del resto è quello che ha aperto la distruzione dell’università, nelle sue precedenti incarnazioni. Perché, non lo si ricorda abbastanza, l'università si è distrutta soprattutto da sola, nei dieci anni o poco più di autogoverno: sono le tante, incontenibili, malversazioni degli accademici ad aver portato al blocco di ogni ricambio, se non della ricerca, e al ricorso al precariato per assicurare una qualche forma di insegnamento.
Solo per voler razionalizzare si può dire questo un disegno coerente di Berlusconi: affossare l’università col non fare, sornione. L’università pubblica. A favore delle università private, lo stesso Berlusconi se ne sta costituendo una - mettendo infine a frutto una delle sue numerose villone. E Gelmini segue Moratti, insieme fanno quasi sette anni d’immobilismo. La malafede della ministra in essere si può dire scoperta nel momento in cui ha preso per buona la stravagante proposta del professor Giavazzi per bloccare tutti i concorsi che le università, con fatica, erano riuscite a varare. Ma forse non c’è nemmeno questo calcolo. Forse è solo l’inefficienza molto lombarda, molto autorevole naturalmente. Che dopo Malpensa, e in attesa di cimentarsi con l’Expo, si diletta con l’università. E, soprattutto, c'è la malatia terminale della stessa università, indotta dagli accademici.

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