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giovedì 21 gennaio 2010

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (52)

Giuseppe Leuzzi

Si celebrano a Palermo gli anniversari della cattura di Riina e Provenzano. È una forma, non sottile, di beatificazione della mafia nei suoi aspetti peggiori, bruta, brutta, stupida. A opera di giudici che processano gli autori degli arresti.

Titolano i giornaloni milanesi che fanno l’opinione: “L’Inter non molla. Sotto di due gol riprende il Bari in cinque minuti”, e poi, si suppone, lo risparmia per grandezza d’animo. “L'Inter ha sofferto tanto, tantissimo, ma ha saputo restare a galla, forte nel carattere quanto nei muscoli, qualità che le hanno consentito di portare a casa un punto prezioso”. L’Inter che “vale” quindici volte il Bari come ingaggi. È la sapienza dei forti: le debolezze trasformare in forza, i vizi in virtù.

“Quel che più mi ha sconvolto dei grandi processi staliniani è la fredda approvazione con cui gli uomini di Stato comunisti accettavano la condanna a morte dei loro amici”, dice Kundera in “Un incontro”, p. 123. Non c’è scambio possibile fra “convinzione” e “amicizia” (124): “Contrariamente alla puerile fedeltà a una convinzione, la fedeltà a un amico è un virtù, forse l’unica, l’ultima”. Al Sud ciò sarebbe detto omertà – di Sciascia è stato detto.
Kundera va anche oltre, a p.122: “Non c’è nulla di più sciocco che sacrificare un’amicizia alla politica. Sono fiero di non averlo mai fatto. Ho ammirato Mitterrand per come ha saputo restare fedele ai vecchi amici”. Di Vichy, petainisti, insomma fascisti al tempo dell’occupazione tedesca.

Nel suo terzo diario di guerra, “La capanna nella vigna”, Jünger ricorda un viaggio in Norvegia nel 1935 e un cantante norvegese, Celsus, che “prima di cantare in pubblico era sempre preso dal trac, dall’angoscia, il suono si faceva luce attraverso questa resistenza come attraverso una membrana, una griglia leggera”. Quando l’applauso arrivava, si trasformava: “Cantava allora con voce vibrante un da capo banale, come un tenore dei paesi meridionali”. Un buon tenore deve cantare membranaceo, grigliato, come “nei paesi settentrionali”?

La Corte d’assise d’appello di Palermo, la stessa che inscenò la trasferta promafiosa di Torino per sentire il pentito teologo Spatuzza, l’uomo dai cento omicidi, allevia la pena a un Graviano, uno dei boss attesi a testimoniare di fronte allo stesso augusto consesso contro Berlusconi. Il Procuratore capo dell’antimafia Grasso e il sostituto procuratore di Palermo Ingroia ammoniscono severi a non pensare male: “Il giudice è indipendente”. Sì, ma che c’entrano loro? Perché ci ammoniscono? E perché parlano insieme?

Il Procuratore nazionale antimafia Grasso fu incaricato trent’anni fa d’indagare sull’assassinio di Piersanti Mattarella. E indagò due terroristi di destra, Cavallini e l’eterno Fioravanti. Come fu possibile? Chi glieli mise davanti? Perché Grasso puntò su di loro?
Quanto Grasso “scoprì” che i terroristi non c’entravano, era troppo tardi per trovare gli assassini dell’onorevole siciliano, che infatti sono impuniti.

Milano
Milan Kundera ha un “paradosso luciferino” in “L’idillio figlio dell’orrore” (ripubblicato nel volume “Un incontro”): “Se una società (la nostra ad esempio) vomita violenza e malvagità gratuite, significa che le manca la vera esperienza del male”. La società “milanese” ad esempio. Di una città nei fatti probabilmente più ricca di Zurigo, quindi dell’Europa, e del mondo. Che si fa pagare la prima alla Scala dallo Stato. E', lo è stata per decenni, la città più inquinata d'Europa, ma non lo dice. E quella che ha il più gran numeo di stupri, di stupri denunciati, in assoluto e in rapporto alla popolazione, almeno uno al giorno, cento giorni l'anno anche due, più spesso domestici. E ha il record dei contagi Aids, due al giorno, quanti a New York, che è dieci volte più grande, e un terzo dei contagiati di tutta l’Italia. Perché vive di droga. Che domina il gusto, e le tariffe al ristorante: non mangia a meno di cento euro. E quando gioca vuole vincere, specie al calcio, dove nasconde i soldi, uno dei cento nascondigli. Ma teme il lavavetri al semaforo. E ha inventato la Lega, con Berlusconi. Questa è tutta Milano, ma questa è l’Italia.

La Lazio perde a Milano una causa in cui ha palesemente ragione, in modo che il calciatore Pandev vada al’Inter a parametro zero, senza cioè un euro per la squadra che lo ha maturato e valorizzato. Un giudice si era dimesso per non dover fare questa sentenza.
Il club di Moratti aveva negoziato con Pandev (e Ledesma, altro calciatore della Lazio) in tempi proibiti, quando la caccia calcistica era chiusa. Ma questo non interessa alla Lega e alla Federazione: Milano è immune da reati.
Mentre a Roma i tifosi della Lazio danno la colpa a lui e non all’Inter. E questo è il miracolo di Milano, fare tutti cornuti e contenti.

Sia l’italianità lo sguardo, la seduzione, il desiderio, la furberia. È italiana Trieste (Svevo, Saba), è italiana Genova (Montale, De André), e persino Torino (Cavour, Pavese). Non lo sono Manzoni, Cattaneo, gli scapigliati, che costruiscono la gelosia dai libri. La “passione” di Stendhal manca proprio a Milano e dintorni: l’occhiata, l’illusione, l’appuntamento rinviato. Milano non si differenzierebbe da Francoforte, se non perché non ha il fiume, e ha meno il gusto delle idee.

C’è sempre violenza politica a Milano, c’è stata il 13 dicembre, c’è stata il 12, c’è stata un anno fa, per il 12 dicembre e per il 25 aprile, c’è stata nel 1969 alla Fiera e a piazza Fontana esattamente come quarant’anni prima, forse a opera della stessa polizia politica. Ma la città non se ne fa un cruccio. Nemmeno il cardinale pensa di dover dire le solite parole buone. Anzi gli attentatori sono sempre figli di buona famiglia, morigerati, studiosi, di buone compagnie. Sarà qui, in questa impermeabilità, il segreto del successo? Altrove sarebbe detta omertà.

Mourinho vuole dire che nella partita Juventus-Inter gli sono state fischiate troppe punizioni contro. Ma non lo dice, accenna. Allude. E dunque la mafia ha contagiato l’italiano? Sembrerebbe: i giornalisti spiegano solleciti che Mourinho non può dire di più, altrimenti verrà censurato o punito dalle autorità calcistiche, ma proprio questo è mafia, il qui lo dico e qui lo nego, e l’omertà dei giornalisti che lo contornano. Ci rubano anche la mafia.

Calabria come cifra
Si può dire la Calabria un mondo a parte. Per i lombardi o i piemontesi non solo, ma anche per i pugliesi e gli stessi lucani. Anche perché la divisione amministrativa è pure geografica e, a suo modo, etnica. Che non vuol dire un altro mondo, quale è l’America Latina, o la Groenlandia. Ma un mondo a parte nel resto d’Italia, per il linguaggio, la psicologia, la stessa storia, benché ignota.
La litote è la cifra del linguaggio, invariabile. Anche nei momenti tragici, o tristi: la rappresentazione e l’understatement. Ma ognuno sempre nel suo ruolo: il medico è grave, l’avvocato arruffone, il giudice muto, il negoziante loffio, per sua stessa fede.
La parentela del sangue: paterna, fraterna, prima che coniugale, avunculare, patriarcale - il nonno dà il nome di battesimo e il soprannome, ed è considerato capostipite.

Ne “Il sentiero dei nidi di ragno”, la raccolta di racconti di Calvino, quattro cognati calabresi compiono efferatezza contro i nazifascisti.

A Bovalino un impiegato di banca ha controllato ogni movimento della moglie attraverso un telefonino di cui le aveva fatto dono. Un programma specifico, inserito proditoriamente nel costoso telefonino, gliene faceva sentire fino i sospiri. È stato beccato e condannato. Questo per dire della dipendenza della donna del Sud. Ma questo non è la novità.
La vicenda è tipica di chi mima gli usi dominanti, che li pensa buoni per tutti. Mentre le intercettazioni sono libere solo a Milano, contro coloro che “Milano” vuole intercettati.

La protezione della baronessa Cordopatri, la trasformazione dei sequestri in confische, le indagini patrimoniali. Sembra poco, è poco, ma ha significato lo smantellamento della mafia di Castellace, col conseguente dislocamento di tutta la mafia della Piana (pentimenti, ammazzamenti), e un primo screening, peraltro non difficile, tutti la vedevano e la vedono, sull’incredibile ramificazione di interessi che la mafia calabrese si è concessa negli anni dell’antimafia, gli Ottanta, i Novanta. Il miglior ministro per la Calabria, un vero ministro dell’Interno, sarà stato Maroni, un leghista.

Due pagine del Consiglio regionale Calabria per magnificare l’inerzia del suo presidente Bova. Due pagine di pubblicità sui maggiori giornali nazionali, per una spesa piuttosto onerosa. Per lanciare la candidatura dello stesso Bova alle primarie del partito Democratico in vista delle elezioni regionali, contro il presidente uscente della Regione Loiero.
Quanto spenderà Bova se riesce a vincere le primarie? O le due pagine se le è pagate di tasca propria?
Non ci sono giudici in Calabria? Nemmeno contabili?

leuzzi@antiit.eu

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