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domenica 1 agosto 2010

A quando il romanzo del cronista giudiziario?

Goffredo Buccini dice sul “Corriere della sera” che intercettazioni, spiate, foto rubate, pedinamenti in camera da letto e al bagno fanno “quasi un nuovo romanzo pop”. È garantista pure lui, c’è qualcuno che non lo è, e quindi dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Le intercettazioni sono troppe? Sì e no. Sono diffamanti? Sì e no. Ma tra il cerchio e la botte il cuore suo e del giornale di Milano batte per il cerchio (o per la botte?): “Dal «Di Pietro mi ha sbancato», di Chicchi Pacini Battaglia, all’estate delle attricette nei colloqui tra Berlusconi e il direttore generale della Rai, Saccà; dalle «porcellone Doc» dell’allora portavoce di Fini, Salvatore Sottile, ai «furbetti del quartierino» di Ricucci, è difficile negare che tante frasi pur confuse, spesso irrilevanti penalmente, abbiano almeno offerto agli italiani uno squarcio alternativo alle verità da dispaccio d’agenzia e ufficio stampa di questo (quasi) ventennio”. E, certo, uno di fronte al ventennio arretra. Ma l’onesto giornalista non dice che lui di queste cose prospera. Che più intercettazioni si fanno, siano pure contro ogni decenza, anzi meglio, fossero pure contro i giudici e i capitani che ora si premurano d’informarlo, più il giudiziario gode: fa le prime pagine, diventa caposervizio e inviato. Il passo successivo del romanzo potrebbe essere che, il cronista giudiziario essendo diventato un personaggio, mettiamo alla Corona, o meglio la cronista, se ne pubblichino le intercettazioni. Sperando che vendano – perché potrebbe anche succedere che a quel punto i giornali se ne freghino, si perda cioè, direbbe Napolitano, “l’ampia risonanza nell’opinione pubblica”.

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