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giovedì 24 novembre 2011

Intercettazioni urgono per Napolitano – o no?

“Un valido codice deontologico” per giudici e procuratori della Repubblica il presidente Napolitano, “volto ad affermare il necessario rigore nel costume e nei comportamenti dei magistrati”. All’improvviso Napolitano ha messo in allarme l’eletta schiera dei giudici italiani. Sembra di sentirli, che raspano alla ricerca di intercettazioni compromettenti a carico del presidente della Repubblica. Magari col fido Cascella, chissà, o meglio con Berlusconi.
Oppure no. Il presidente ha aspettato cinque anni e mezzo del suo mandato prima di proporre qualcosa, a conferma della prudenza che è sempre stata il suo cachet. Ma a meno di un anno e mezzo di mandato pieno prima della scadenza: non c’è molto tempo per fare alcunché. Anche perché, certo, la pratica è pervasiva, la prudenza del presidente è come sempre giustificata. Nel film di George Clooney “Le idi di marzo”, su una campagna elettorale tipo negli Usa, le parole decisive si pronunciano al centro di una grande stanza, o in anditi non visti con molte zone d’ombra, visive e auditive, o combinando incontri fortuiti, parlandosi preferibilmente di spalle in luoghi molto frequentati, perché l’emissione del suono vada in direzioni opposte. Tutto ciò che avviene comincia negli Usa, e non c’è liberazione possibile, si sa. Però l’imperialismo non è poi così coattivo – gli Usa, grandi cinque volte l’Italia, intercettano dieci volte meno.
Napolitano si è anche detto certo che col nuovo ministro della Giustizia i magistrati avranno ampio campo per dialogare. E il ministro, l’avvocatessa Severino, è una che ha a cuore la buon’educazione di tutti, compresi quindi i magistrati. Senza ledere l’intercambiabilità tra giudici e pubblici accusatori. E senza norme, soprattutto senza norme per un processo giusto e rapido.

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