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venerdì 30 marzo 2012

Secondi pensieri - (96)

zeulig

Amore – Per i molti è l’impossibilità. È l’amore decennale di Brahms per Clara Schumann che si dilegua quando lei è libera di corrisponderlo.

Calcio - Ha rivoluzionato la geometria prima dei frattali, senza saperlo, per la congiunzione “impossibile” di undici punti in movimento, e anzi di ventidue. Con collegamenti non lineari, benché delineati e insegnati come strategie e tattiche: dribbling, passaggi laterali, lunghi lanci avanti, lanci indietro, cambi di gioco (versanti del campo). In cui il Barcellona ora eccelle ma che si sono sempre praticati. E cambi di passo, scatti, fraseggi, acrobazie, sgambetti, sgomitate, manina…
Una geometria e una fisica del movimento. Più complesse con tutta evidenza, benché meno studiate, del volo degli uccelli. È la produzione in piccolo (in laboratorio) di un complesso di forze avvolgenti, una rete che si svolge (avvolge) su più piani.

Complotto - La teoria del complotto ha radici altolocate: un secolo di filosofare sul (cioè contro il) predominio della tecnica che tutto organizza e livella, a scapito dell’individualità e della conoscenza - manovrata evidentemente dal Maligno e sue incarnazioni. Non grande filosofia. I nichilisti massimi, Jünger, Heidegger, forse Sartre, Severino, Vattimo, sono buoni calligrafi, ma si arrampicano sugli specchi, e troppo impegnati a scrutarsi. Non per incapacità. Per voglia, inconfessata, di martirio di fronte alla massificazione della civiltà e della cultura.
Col fordismo e i media di massa, che internet dilata a dismisura, la civiltà si è adeguata finalmente alle due grandi rivoluzioni occidentali, ma la cosa ci immalinconisce: non ne abbiamo capito (o non li digeriamo) i presupposti, e non capiamo, per un riflesso di sopravvivenza che si traduce in misoneismo, il meccanismo e gli sviluppi.

Ermeneutica – È in effetti la prima verità. Dire che la Bibbia è i suoi esegeti sarà blasfemo ma è vero.

Fede – La secolarizzazione non l’abbatte (H.Arendt, “a tradizione nascosta”): la secolarizzazione non ha reciso i fondamenti della fede religiosa, lo storico più che il teologo lo sa.

Nero - La moda è stabilmente al nero da un quarto di secolo. Corrispondente più o meno alla caduta del Muro, alla globalizzazione, alla crisi fiscale dell’Europa e, poiché la moda si fa in Italia, e in Italia a Milano, a Mani Pulite, la rancorosa questione morale. Si penserebbe sia il colore della demoralizzazione: la moda vuole pure per gli uomini barbe incolte, seppure corte, abbigliamento casual, con scarpe di gomma e giacconi sintetici, e per le donne “non abiti”, l’ombelico in mostra, il sedere basso, le calzamaglie, col nero-sporco dei tatuaggi sulla pelle.
Il senso del colore – il significato – è questione aperta. Il repertorio letterario del blu, per esempio, è vastissimo. Ma il nero, che si vuole il colore dei colori, è nell’arte contemporanea, da Rodcenko a Frank Stella, la preclusione di ogni colore, cioè della luce. Una barriera opposta al senso – all’immaginazione.

Ozio - Ha qualche vantaggio: consente cose inutili, se non sono tossiche.

Protagonista – Fa la storia-narrazione. Di più nel racconto in prima persona. La prima persona è un’ottica ravvicinata e avveduta: è nel mezzo dell’evento, e non può sbagliare, se non volutamente (anche per stupidità, ma - altrimenti che narratore è? - pavidità, ironia, doppiogiochismo). Inevitabilmente, anche il narratore-storico si oblitera. È anche il perno dell’inveramento (convinzione): tanto più è convincente, tanto più è vero.

Storia – È sempre particolare. In chiave di femminismo Corrado Alvaro ne ha anticipato la sintesi (“L’amata alla finestra”, p.216): “ Se la storia degli uomini fosse scritta dalle donne che li hanno conosciuti, ci sarebbe assai poco da studiare”.

Nei periodi di pace – questo è il più lungo periodo di pace nella storia – è piatta e indifferente. Fanno la storia le beghe. È quando non si crede a niente. Eccetto che a poter non credere niente – che non è una fede, non può esserlo, per il paradosso di Epimenide cretese.

È eterna nel senso che non ha cuore, e neppure cervello.
Chateaubriand è apocalittico: “La storia è il braccio secolare della vendette dei popoli”. Ma per la colpa di farsi tutte le signore – Chateaubriand temeva la vendetta di dio.

Da Tucidide e fino a Ranke, per oltre duemila anni, la storia è stata politica. Ma se il suo inizio è in Ecateo di Mileto, allora la storia comincia così: “Io dico come pare a me”.
“Madre della verità” è la storia di “Don Chisciotte”.

Il genere letterario più diffuso a Roma e Atene fu al culmine dell’impero, nel primo e secondo secolo, la storia favolosa: si gareggiava a inventare eventi, personaggi, meraviglie.

Nel Settecento si supponeva vagamente che un Medio Evo fosse esistito. Del Rinascimento vero e proprio nessuno supponeva che ce ne fosse stato uno. Si veniva educati alla filosofia e all’affettazione.

Stupidità – U. Eco si dice “molto flaubertiano”, in “Non pensate di liberarvi dei libri”, in conversazione con Jean-Claude Charrière: “Sono affascinato dall’errore, dalla malafede e dalla stupidità”. È per questo, aggiunge, collezionista della “scienza falsa, folle, occulta”, oltre che delle “lingue immaginarie”.
C’è un tono falso in questa avocazione: non Flaubert, ma il flaubertismo non sarebbe l’essenza della stupidità?

Verità – È, può essere, dei personaggi, mai delle persone, che sempre sfuggono. È il problema delle biografie. E delle ermeneutiche che non possono trascurare l’autore.

zeulig@antiit.eu

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