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venerdì 8 maggio 2015

Kant si diverte, con Petrarca

Una rarità è anche il libro. Oscar Meo è un fondista di Kant, suo unico oggetto di studio da molti anni, benché corra quasi in solitario. I tre saggi di questa raccolta si occupano del colore nell’estetica di Kant, del problema della verità, più impostato che risolto, e del comico. Il comico in Kant?
Si tratta in realtà dell’arguzia (Witz), di cui Kant tratta nella “Terza Critica”, in appendice, là dove abbozza una tassonomia delle arti. L’appendice ebbe durevole influsso, subito su Jean Paul, poi sull’ironia romantica, su Hegel e fino a Freud. Ma Kant, che ha scritto sul tragico, è insensibile alla commedia – non ne parla mai e quando ci inciampa, nell’“Antropologia”, la aggira - “Perché gli anziani preferiscono la commedia, fino alla farsa”, è più un esercizio sugli anziani che sulla commedia, e così via. Il Witz però lega al gioco, su cui spende qualche parola di più: il “gioco di fortuna”, il “gioco di pensieri”, grazie al quale “alla fine non si pensa nulla”, il “gioco musicale”. E soprattutto, inaudito, è lui stesso un freddurista.
In appendice è riprodotta la controrelazione che Kant dovette tenere, in quanto ordinario, all’assunzione all’ordinariato di Johann Gottlieb Kreutzfeld alla cattedra di Poetica. Una critica bonaria alla relazione del nuovo professore, più che altro una divagazione. Con una micidiale confutazione del matrimonio: “Nel matrimonio accade ciò che Lucrezio dice della morte: «Allora appunto la vera voce prorompe: cade la maschera, rimane la realtà»”. E un  sornione siluro all’innamoramento. Alla poesia dell’innamoramento.
Kreutzfeld ha trovato il culmine della poetica in Petrarca, nell’amore per Laura, “un enigma”, riassume Kant, “degno di Edipo”. Il controrelatore lo compiange: “L’infelice, mi sembra, si affatica inutilmente a spiegare sulla base dei propri principi la castità, l’ardore e la costanza del Petrarca”. Quando si sa che “l’amore fisico è il desiderio della persona amata, mentre del poeta Orazio dice: «Ama i versi, di questo solo si cura»”. Il filosofo disseccato di Königsberg era in realtà sanguigno.
Il seguito sono due pagine sull’amore che Petrarca, “avendo abbracciato una nube al posto di Giunone”, abbellisce “dell’eleganza e dell’ardore dei propri versi e della celebrità del proprio nome”. Due pagine da commedia.
Il finale è memorabile. Petrarca va dal papa, che vuole vederlo, vederlo sposato: “Avendogli questi detto che era addolorato per la sua sorte, e che si sarebbe adoperato perché egli potesse prendere la sua Laura in moglie, il poeta esitò. Poi, alle insistenze del pontefice, rifiutò apertamente. Adducendo di temere che, se avesse sposato Laura, i suoi versi avrebbero perduto di ardore ed eleganza”.
Oscar Meo, Kantiana minora vel rariora, il melangolo, outlet, pp. 137 € 6,46

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