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giovedì 3 marzo 2016

Quando furono gli anarchici

Poiché niente è più inedito di un libro stampato, ecco come Astolfo ha raccontato la vicenda piazza Fontana dal di dentro, in “La gioia del giorno”, pp. 501-502:
“È in un salone dell’Interno che in anteprima si è appreso della bomba. Anzi delle bombe: dapprima si è saputo della bomba a Roma, alla Banca Nazionale del Lavoro, con una ventina di feriti, e subito dopo, questione di uno-due minuti, della banca di Milano, con molti morti, forse di due banche, e di Roma all’Altare della Patria. O l’ordine è inverso. Ero presente a un Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico al ministero presso l’egregio Insalaco per caso, senza sapere di che si trattasse, per dovere di rappresentanza, Arcangelo, che ne fa parte di malanimo, avendo chiesto il favore di una supplenza. Queste presenze sono reputate inutili, in materia di nessun interesse, ma l’assenza è dannosa, i politici sono vendicativi. Si è concretata in un paio d’ore di chiacchiere, testimone muto, non introdotto, dei giurisperiti che nel Comitato rappresentano i partiti al potere col vanitoso segretario, nel dibattito di rito sugli arcani: i colonnelli greci espulsi dal Consiglio d’Europa, il Vietnam, la Cia, il Kgb, i gruppuscoli. A un certo punto il ministro è entrato a presiedere.
“Un esperto americano, autore di un Manuale del colpo di Stato, espose in lucido italiano il Piano Caos, adottato negli Usa contro la sovversione. O altri lo espose per conto suo. L’interesse si ravvivò all’arrivo del ministro, che spostò l’agenda sugli organici delle forze dell’ordine, la prevenzione attraverso il riordino dei servizi segreti, la delega alle forze dell’ordine dei poteri d’arresto temporaneo, i nuovi mezzi antisommossa. Ma presto dal lungo tavolo rettangolare crebbe di nuovo un rumore di fondo, non sopito dal ministro, che sembrò assentarsi dopo aver parlato, seppure vigilando, lo sguardo mirato su suoi fili interiori, mentre il segretario faceva un’uscita da cavaliere della tavola rotonda su bisbiglio di un commesso. Poi Insalaco tornò sbrigativo e uscì col ministro.
“Il clangore di lemmi e commi non per questo scemò. Le bombe non allarmarono quel pur specifico consesso, essendo esse ormai numero incalcolabile. Finché, dopo un quarto d’ora, il ministro rientrò e disse:
 - Sono gli anarchici. – La data segna l’arrivo a Ginevra di Nečaev ventenne con l’esplosivo Catechismo rivoluzionario, è il centenario.
“L’annuncio sarà variamente interpretato. Il 17 gennaio 1978, al processo per gli attentati del 12 dicembre 1969, il questore di Roma dell’epoca, Giuseppe Parlato, affermerà: “Escludo in modo categorico che il ministro dell’Interno avesse disposto di orientare le indagini verso gli a-narchici”. Lo stesso giorno, al processo per il tentato golpe del principe Valerio Borghese il 7 dicembre 1970 con l’occupazione dell’Interno, l’ufficiale del controspionaggio Antonio Genovesi affermerà che il ministro gli disse di non parlarne con nessuno. Roma dunque non indagò. Ma il ministro non era la solita testa di legno che si pone a capo di un dicastero complesso e delicato, che va avanti per prassi inerziale burocratica. Franco Restivo, costituzionalista, siciliano, cattolico, ne fu titolare dal 24 giugno 1968 al 17 febbraio 1972. Dopodiché resse per quattro mesi la Dife-sa, fino alle elezioni vinte dalla destra, e al governo Andreotti”.

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