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sabato 5 marzo 2016

Lo scrittore scrive seduto

 “Certamente”, rispondeva Gadda al quesito del titolo: il “Pasticciaccio” avrà un seguito. “Di metà pagine circa”, col nome del colpevole. Mentendo (“centoventi-centoquaranta pagine”, un quarto, un quinto, aveva promesso all’editore, Garzanti), e non mentendo. Irrideva la scrittura, lo scrittore, la mania di scrivere, cioè se stesso – c’è lo scrittore maniaco, compulsivo, e quello artigianale, di mestiere: Gadda era il primo. Poi non ne fece niente. “Naturalmente”, commenta il curatore: Gadda paventava come aggressioni le interviste, e diceva qualsiasi cosa, cerimonioso altrettanto naturalmente, per liberarsene.
Questa di Piero Chiara per la Radio della Svizzera Italiana a fine 1957, che Federico Roncoroni ha esumato dal lascito dello scrittore luinese di cui è depositario, si segnala per i materiali che la acompagnano. Non per quello che dice Gadda – se non forse per l’elogio incondizionato del Belli. Con Chiara è gentile come con tutti, e un po’ di più perché è lombardo quasi svizzero, e per questo lo mette “sul conto depositi del cuore”. Ma non molto di più.
Il conto depositi del cuore
La plaquette si raccomanda per l’introduzione-ritratto che Chiara aveva preparato per un’edizione delle lettere – che poi non si è fatta se non a pezzi – di Gadda al nipote coetaneo Emilio Fornasini, figlio della sorellastra Emilia, e alla di lui moglie Annita, e per la presentazione del testo dell’intervista sul “Radioprogramma” della radio svizzera il l6 settembre 1958. Gadda apre la porta in mutande, sotto una “lunga vestaglia marrone”. E raggela, “terrorizzato”, quando Chiara e il suo accompagnatore, un ex collega di Gadda alla Rai, gli rimproverano, a mo’ di complimento, per dire che l’avevano letto con attenzione, due “errori” del “Pasticciaccio”: il treno Roma-Napoli elettrificato in un’epoca in cui andava ancora a carbone, e il gas dato alla Guzzi col pedale, mentre ce l’aveva a manopola.
L’attacco dell’intervista è anch’esso gaddiano: “Del tutto immobile risulterò nel Duemila”. Alla domanda rituale sulla sua famosa battuta “No: non mi muovo”, apposta ai numerosi sollecitatori inquieti che, riusciti a penetrarne la reclusione, gli chiedevano: “Che cosa fai tutto il giorno” in casa, “non ti muovi mai?”, a Chiara risponde che, tanto, nel Duemila, nessuno se ne sarebbe più preoccupato. Sarebbe stato cioè dimenticato… Ma aveva ragione, lo scrittore scrive seduto: “Non è pensabile che Tolstoi abbia scritto Guerra e pace a cavallo”.

Lo “zimarrone marron peloso” di Gadda, “con foulard marron di «seta pura», pigiama e «noni»” – “pantofoloni di felpa quadrettata, con suola di felpa, calzati da nonni” - sarà anche di Parise, in una testimonianza del 1970 per “Libri Nuovi”. L’aneddotica sull’Ingegnere è infinita, il rieame dell’opera invece latita.
Federico Roncoroni, “E sapremo chi fu l’autore del delitto?”, Mauro Pagliai Editore, pp. 51 € 8

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