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venerdì 23 dicembre 2016

Il diritto alla casa ce l’ha solo il nomade

Dieci giorni dopo lo scippo della giovane cinese Zhang Yao, finito con la sua morte, il gruppo Spe della polizia municipale romana, Sicurezza pubblica ed Emergenziale, si è fatto vivo in via Salviati, a Tor Sapienza alla periferia di Roma, davanti alla Questura per stranieri, ne campo rom abusivo che da venticinque anni è specializzato nei furti di rame e negli scippi dei (poveri) stranieri in cerca di permesso di soggiorno. Il comandante Lorenzo Botta si è fatto vivo a via Salviati su sollecitazione dell’Associazione Amnistia, Giustizia e Libertà, e di Nazione Rom. Entrambe preoccupate di assicurare ai rom del campo un alloggio decente in una casa popolare.
Né le due associazioni, né il gruppo Spe si erano fatti vivi prima, per la morte della ragazza cinese scippata. Ma, proponendosi indilazionabile lo sgombero del campo, su pressione del quartiere e dell’opinione pubblica cittadina, le due associazioni hanno preteso l’applicazione della direttiva europea sull’inclusione dei rom: una casa prima dello sgombero. Il comandante Botta pronto ha sottoscritto.
Ci sono molti errori prospettici nella creazione della “questione immigrati”. Uno è se l’immigrato rifiuta l’accoglienza, come è stato il caso di Amri, e lo è de tanti rom che praticano il furto e la grassazione. Un altro è l’applicazione privilegiata dei diritti umani a favore di categorie, invece che di emergenze di fatto. Il rom ha diritto a un’abitazione, anche se è d’istinto un nomade, anche se è un malfattore. Il separato-divorziato romano no, o il single licenziato che non può più pagare il mutuo - le più ricorrenti fra le tante figure dell’emarginazione urbana. L’esito paradossale è che il senzatetto che non sia nomade e non sia un delinquente non ha diritto a una casa. 

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