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sabato 24 dicembre 2016

La rivoluzione e Napoleone ladri d’arte

Napoleone era un predone. Non si dice, non è materia di storia, ma è la sua storia, a cominciare dalla spedizione in Egitto. Non si ricorda nemmeno che il Louvre nacque per ospitare il fiore delle conquiste napoleoniche (con molti altri musei, a Parigi e altrove in Francia) - nonché di quelle rivoluzionarie, prima di Napoleone. In Italia e ovunque in Europa, dalla Spagna alla Russia. La mostra si fa per il bicentenario del recupero di parte dei lavori d’arte razziati. Sotto un titolo che non vuole dire niente – vago come tutto quello che oggi ruota attorno all’Europa: ogni paese si tiene strette le sue opere d’arte.  
La raccolta di quello che Napoleone ha razziato in Italia stupisce per la qualità e la quantità. Non era il soldataccio che ha diritto al bottino, le sue razzie erano organizzate, su base documentaria, di pedigree e expertise tra i più qualificati. La mostra ne è un catalogo stupefacente – benché limitata a una parte della razzia, quella che il congresso di Vienna ha poi stabilito che dovesse tornare agli Stati italiani pre-unitari.
Tornarono e sono qui esposti un Raffaello, “LeoneX”, un Tintoretto, “Sant’Agnese”, “Il Compianto del Cristo morto” del Veronese, la “Venere Capitolina” del Canova – che per conto del papa aveva negoziato il rimpatrio post-Vienna. Sono rimasti a Parigi, fra i tanti capolavori, Giotto, “Le stimate di san Francesco”, e le monumentali “Maestà” di Cimabue.  “Un convoglio di circa cento carri” annunciava scrivendo alla moglie Gaspard Monge, il matematico inventore della geometria descrittiva, membro della commissione di “artisti” che assistevano Napoleone.
Il Museo universale. Dal sogno di Napoleone a Canova, Roma, Scuderie del Quirinale

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