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martedì 28 marzo 2017

Letture - 297

letterautore

Dante – La “Commedia” Croce, che la poesia leggeva per frammenti, dice però non male “un romanzo teologico, o etico-politico-teologico”

Musica sacra – È tedesca, da Ildegarda di Bingen a, tutto sommato, Arvo Pärt, malgrado le origini estoni. Devozionale. Anche devota, sicuramente in Buxtehude – benché danese di origine - e in Bach e nei suoi figli. Ma anche nell’uomo di mondo Händel. Händel  vi si avventura tardi, e con spirito galante, da compositore e impresario di melodrammi, votato alla gioia più che alla passione e compassione, e tuttavia gli oratori sono parte cospicura e rappresentativa della produzione creativa. Mozart no, è agnostico – fa musica sacra e musica massonica. Beethoven, benché libertario, è intimamente devoto, tanta è la forza della sua produzione devozionale.
Per i compositori italiani è una forma musicale come un’altra, di inni, mottetti, madrigali,…., molto elaborata (Palestrina, Gesualdo da Venosa, Frescobaldi, Monteverdi), poco devota (Orlando di Lasso, Gesualdo, Monteverdi). Tutti hanno una messa, ma come parte del repertorio. Allo steso modo va la fioritura inglese degli anthems, gli inni anglicani. La composizione francese se l’è inibita con la divisione religiosa.

Obbedienza – Era Sciascia massone? Se ne ha a ogni lettura la sensazione, ma sarebbe utile saperlo. Scalfari lo ha dichiarato, ed è un passo utile nel cammino di onestà che ha deciso una volta fuori dagli affari. Perché non c’è una storia della buona massoneria letteraria – compresi i Nobel, per esempio? Anche chi indaga sulla massoneria, i pochi storici, come Mola e Franzinelli, e i giornalisti, si fermano ai politici o agli affaristi. Mentre più importane sarebbe l’influsso sulle idee.

Il papa argentino in conversazione privilegiata con Scalfari. La massoneria italiana di palazzo Giustiniani, o del Grande Oriente d’Italia, da tempo non è più anticlericale, un mezzo secolo. Se non per questioni pratiche e di concorrenza: un tempo l’immobiliare, poi la finanza, ora il fisco – la chiesa avendo abbandonato l’immobiliare e la finanza.

Quodlibet – È di Bach, J.S.la spensieratezza di un compositore che il germanesimo vuole accigliato. Il termine è inventato dai Bach per la musica delle riunioni annuali di famiglia, improvvisazioni disparate armonizzate insieme.

Skaz  – Resta il canone segreto della narrativa russa, o meglio della critica formalista della narrativa russa. La parola è in sé semplice: è racconto, raccontare, in forma di gergo, come segno di riconoscimento, d’identità – ma non si può dire. Eikhenbaum, che lo ha per primo ipostatizzato, nel 1918, e Sklovskij fanno grande caso di Leskov, e di Gogol: l’autore si cela dietro un narratore fittizio. Di più, nel caso di Gogol: “Il Cappotto” sarebbe la storia di un uomo annichilito mediante l’imitazione del suo skaz, della rivolta dell’uomo annichilito. Allo stesso modo Dostoevskij in “Povera gente”.
Nicoletta Marcialis lo dice “la stilizzazione della narrazione orale all’interno di un testo letterario (finzionale)”. Tynianov dopo Eichenbaum, e Sklovskij, Viktor Vinogradov, e infine il riscoperto Bachtìn ne fanno la chiave, o il tentativo, di attrarre il lettore come parte attiva nella rappresentazione narrativa.
Ma, poi, perché limitarlo alla narrativa russa? Il presupposto è sempre quello di Eickhenbaum, che una cultura è viva se è nazionale, e che una cultura nazionale non si può dare senza un legame robusto con le sue fonti orali – supposte originarie.

Spirito di geometria – O cartesiano: il distintivo della Francia è italiano secondo Michelet, corso al Collège de France sulla storia della Francia, quello del 1841 dedicato al “Rinascimento eterno”: “Il principio italiano che ha fecondato la Francia è sopratutto il genio geometrico, il principio d’ordine applicato alla società civile, la costruzione delle grandi vie di comunicazione”.  

Vichy – Era un gran bel mondo per i letterati, per tutt’e quattro gli anni dell’occupazione tedesca. La carta non mancava – Gallimard ha triplicato il fatturato, uscendo dall’occupazione come l’editore più grande. Né il cibo e ogni sorta di svago, malgrado la guerra infuriasse. Furono realizzati 220 film, più che in quattro anni di pace. Cera la censura preventiva, su film, libri, teatro e ogni attività cuturale pubblica, che però non se ne è fatta frenare. E cera la guerra: la carta, lelettricità, il cibo erano razionati. Ma non mancavano. 
Non si fa la storia della vita quotidiana nella Francia occupata dalla Germania, quattro lunghi anni, che invece avrebbe molti motivi d’interesse. Si sa che la vita scorreva a Parigi e nella Francia di Vichy quasi normale, a parte la persecuzione degli ebrei, nella quale anche i francesi erano attivi. Ma non di dice anche perché non si sa quanto lo era. Un abbozzo è in un vecchio libro, 1965, di uno degli intellettuali più attivi nella Resistenza, Vladimir Jankélévitch (“Perconare’”): “Chi di noi si ricorda quei pomeriggi festivi della zona detta libera pieni di passeggiatori tranquilli e di risa di bambini? Vestiti decenti, calzature nuove, conversazioni indifferenti in cui l’attualità era così stranamente assente… Si sarebbe potuto pensare che non succedeva nulla nel mondo”. Non c’era fame, tutto si trovava a giusto prezzo. L’unico inconveniente erano gli allarmi notturni antiaerei, di tanto in tanto. “I treni circolavano. I borghesi andavano in vacanza e in settimana bianca. I conferenzieri facevano conferenze. I nostri migliori maestri d’orchestra dirigevano con passione, per mantenere il prestigio della musica francese, cicli Wagner a ripetizione, di che rendere gelosi le più famose bacchette wurttemberghesi…. Parigi aveva i suoi eventi letterari, il suo teatro, i suoi camerieri hegeliani e tutto quello che ci vuole a un grande paese per tenere il suo rango. Era decisamente bella la repubblica delle lettere, nel 1944. Era una stagione felice”..  
Hitler aveva preso Parigi il 14 giugno 1940 dopo nemmeno un mese di guerra – i francesi non se n’erano accorti? L’anno non si era chiuso bene per la Germania. La Lutfwaffe era stata sconfitta dalla Raf nella battaglia d’Inghilterra. E l’Inghilterra aveva ottenuto più di un successo nel Mediterraneo, contro l’Italia: a Taranto, in Cirenaica, in Grecia. Prima ancora dell’invasione dell’Unione Sovietica che porterà la Germania alla sconfitta, la guerra non era finita. Ma in Francia erta come se, con i tedeschi in casa. Pochi mesi dopo del resto le sorti sono rovesciate: la flotta inglese è semidistrutta nel porto di Alessandria, Rommel è alla frontiera con l’Egitto. Insomma, la guerra continua. Ma non a Parigi. Da giugno 1940 a giugno 1944, allo sbarco di Normandia, vita beata.

letterautore@antiit.eu 

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