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sabato 1 aprile 2017

La scoperta della Sicilia

“Non ne posso più di Verga, di Pirandello, di Tomasi di Lampedusa, di Sciascia. Non ne posso più di vinti; di uno, nessuno e centomila; di gattopardi; di uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà. E sono stanco di Godfather, prima e seconda parte, di Sedotta e abbandonata, di Divorzio all’italiana, di marescialli sudati e baroni in lino bianco. Non ne posso più della Sicilia. Non quella reale, ché ancora mi piace percorrerla con la stessa frenesia che afferrava Vincenzo Consolo ad ogni suo ritorno. Non ne posso più della Sicilia immaginaria, costruita e ricostruita dai libri, dai film, dalla fotografia in bianco e nero. Oggi c’è una Sicilia diversa. Basta solo raccontarla”. Basta il manifesto per dire il libro.
Materiali per un racconto della Sicilia come è non difettano. Imprenditrici. Arte contemporanea. Diritti omosessuali. Sperimentazione e innovazione culturale: arte, arti applicate, musica. Savatteri sceglie questi materiali, le “eccezioni”, forse per facilitare la lettura - da presumere indigesta, c’è molto pregiudizio in giro, l’Italia è fatta così. La Sicilia ordinaria sarebbe stata ancora più eccezionale. La protezione del patrimonio artistico, per esempio, anche di quello ambientale. L’agrindustria. L’industria, con tecnologia avanzata annessa. Tutto ciò che è “privato”. E la singolare, inespugnabile, indigenza del pubblico,  istituzioni e politica insieme – sempre, di nuovo, “l’Italia” (la sanità, per esempio, fa eccezione nel pubblico, ma è locale).
Un calcio nel sedere, non alla Sicilia, ma al racconto della Sicilia. Che gli stessi siciliani - questo Savatteri  omette - soprattutto si fanno, compiaciuti.
Che cosa (non) sarebbe stata la Sicilia senza l’Italia?
È un’ucronia che non si può fare. Ma il dubbio è lecito.
Gaetano Savatteri, Non c’è più la Sicilia di una volta, Laterza, pp. 261 € 16

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