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giovedì 6 settembre 2018

Il terremoto cancella la storia


Ritrovamenti sparsi e poco significativi, come ovunque nelle zone abitate, in clima temperato: grotte, cocci, ossa. Che induce a una considerazione sull’esito dei terremoti. Il terremoto cancella il passato. Molte vite umane, che però si riproducono – lo schema non vuole essere cinico: la vita umana vince comunque. Mentre la pietra e ogni altro segno materiale della storia vengono cancellati per sempre. Il passato delle patrie sismiche è quindi fatto unicamente di continuità personale - di individui, di popoli - e quindi delle culture di cui essa è, sa essere, portatrice. Per il grado di consapevolezza e culto della continuità che essi abbia.
Si spiegano così le tracce umane in questa stessa zona non archeologica del mondo ellenico e bizantino, perfino pesanti, nella corporeità, nel gesto, nella stilistica della comunicazione (gestualità, silenzi, anacoluti, ironia), oltre che nell’onomastica e la toponomastica, di larghe regioni della stessa Calabria. Ma fuori contesto, storico e inevitabilmente anche culturale. Come residuo. La cultura persiste, nella mentalità, i linguaggi dietro la lingua, e ancora nel fisico, esito del dna, i vezzi, i vizi. Ma non conscia – riproducibile, creativa. E non documentata, non documentabile, cioè senza continuità storica.
Diligente, e probabilmente accurate. Un repertorio dei ritrovamenti – scarsi – dilegente e probabilmente accurate. Anche se il titolo reca come sottotitolo “Il Medievo”. Che è un’imprecisione, non si fa archeologia nel Medievo – ma Nucera è poi entrata all’università come medievista. E più che dell’Aspromonte tratta del lato jonico del massiccio, e più in particolare della bovesia, la piccolo zona grecanica.  
Erminia Nucera, Archeologia in Aspromonte, Città del Sole, p. 184, ill. € 12


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