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venerdì 7 settembre 2018

Ma l'altro mondo mena il gioco, del sovranismo

Si prescinda da Trump, dal personaggio, la verità è che con questa presidenza gli Stati Uniti s’impadroniscono del movimento nazionalista, o sovranista, che dilaga nel mondo, e lo dirigono. Lo indirizzano, lo plasmano Sul clima come sul commercio. Trent’anni dopo essersi impadroniti dell’ondata globalista, gestendola poi con mano ferma. La Cina potè fare la strage di Tienanmen nel 1989, il presidente iperrepubblicano Bush non ebbe nulla da obiettare, l’obiettivo era mettersi a capo delle quattro modernizzazioni proposte e attuate  da Deng Xiaoping.
Trump del resto, per inverosimile che appaia, è un presidente eletto. Sta lì tra poco saranno due anni, ed è sempre il politico americano con più seguito – l’unico leader importante a crescere nei sondaggi, a fronte di Merkel o Xi, per non dire dei vorrei ma non posso Macron e May. Il crac del 2008 ha del resto colpito i paesi europei, con dieci anni di ristagno economico e la deriva neo fascista - la temuta Fortezza Europa è svanita.
C’è negli Usa, al di sotto delle antipatie o simpatie, un mainstream politico-economico che sa dove vuole andare e ci arriva. Il ritorno negli Usa delle multinazionali. L’aumento dell’occupazione con salari veri, non come negli anni di Obama. Più America negli accordi col Messico e col Canada, e presto con Merkel e Xi. La corsa a investire negli Usa. Una economia di nuovo leader mondiale. Trump sarà pure pazzo, ma con metodo.

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