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lunedì 3 dicembre 2018

La bambinaia capolavoro

Un film per critici – premiato a Venezia a settembre, è piaciuto a tutti i critici, non c’è un parere negativo, neanche moderato. Ma con scene forti anche per lo spettatore:  la strage di piazza delle Tre Culture a Città del Messico il 3 ottobre 1968, il parto traumatico della bambinaia tuttofare Cleo con la nascitura morta soffocata dallo shock, la festa di Capodanno dei ricchi, gli amori delle serve nella mezza giornata di riposo, i cari randagi in ogni scena, il ritorno di Cleo nella povertà acquitrinosa del paese, il salvataggio dei bambini nell’oceano. Con richiami al già visto: Fellini nella festa, e nel richiamo “amarcord” del film, Bunuel di “Los olvidados”, e il ritmo neo realista, non affettato, del filo conduttore, la vita di un famiglia medio borghese, nel quartiere Colonia Roma di Città del Messico.
Un omaggio a Libo, la propria bambinaia di Cuarόn, qui nominata Cleode-qualcosa,“Manita”, da Flor de Manita, il lussureggiante convolvolo rosso che Humboldt classificò. “Il film che ho sempre sognato di fare” di Cuarόn. Tornato per questo in Messico, dopo Hollywood, e l’Oscar alla regia del 2014 per “Gravity”: “Tornare al mio paese con questo specifico progetto è stato qualcosa di molto personale. Abbiamo fatto un film degli anni 1970, con molti elementi e esperienze della mia infanzia”.  
Un racconto molto latino: donne tutte eccezionali, le serve, la madre, la nonna, la dottoressa in ospedale, uomini sciocchi sciupafemmine. In un mondo di violenza – la presentazione del film ricorda che la stessa troupe ne è stata oggetto durante le riprese, picchiata e derubata di tutto. Ma anche di creatività, specialmente al cinema nelle ultime stagioni.
Cuarόn, scrittore e regista, ne è l’autore a parte intera, soggettista, sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore. Una piccola produzione, ora distribuita da Netflix, in sala solo per un paio di giorni, per pochi spettatori – solo 50 copie ne sono state stampate. Al cinema, diversamente che nella scrittura, è ancora possibile fare opera d’arte, tra i congegni del mercato.

Alfonso Cuarόn, Roma

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