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lunedì 20 maggio 2019

I dolori del non più giovane Pedro

Almodovar rinasce, dopo una lunga afasia, tra crisi creativa e ipocondria, che deriva verso la depressione. In una sorta di racconto di formazione, alla Werther, che però non è il Pedro giovane ma quello maturo.
Non Almodovar, è Banderas che rinasce. Che però tutto lascia supporre sia lo stesso Almodoar, compresa la sopravvivenza col tiro di eroina. Esce dal guscio finalmente con un paio di amici, che s’incaricano di metterne in scena l’ultimo atto, e con i ricordi della madre e quindi dell’infanzia, incluso il primo desiderio sessuale che lo invade bambino al punto da stordirlo.  Resusciterà con un copione, che intitola “Il desiderio” – “La legge del desiderio” è il primo film, trent’anni fa, della trilogia selfie di Almodovar, che questo dovrebbe aver concluso.
Il consueto melodramma di Almodovar, con meno scherzi e più malinconia, e resurrezione finale. Un racconto lineare, gradevole.  Scandito questa volta senza scarti né agudezas. Il personaggio, dice Almodovar presentando il film, che è tutto suo, ne è anche soggettista e sceneggiatore, è in realtà Banderas, che se ne è impadronito e lo ha imposto, giorno per giorno, sul set e allo stesso autore. È verosimile. Banderas gioca il personaggio curiosamente col solo sguardo, tra spento e sottilmente ironico.
Come Moretti
Altrettanto curiosi sono, per uno spettatore italiano, i calchi. Sul fondo di una canzone di Mina 21961, “Come sinfonia”. Penelope Cruz, la madre giovane del protagonista, è in tutto Sofia Loren - eccetto che nella presenza fisica. Mentre Nanni Moretti è dappertutto, specie con “Caro Dario” e “Mia madre”. Ultimi di una serie di calchi, vicendevoli?, di due registi quasi coetanei (sì come autori di film), che vanno forse in parallelo, ma Moretti con più autonomia: il “gruppo” (gli amici-attori, a lungo trademark di Moretti), le fisse, l’amicizia, l’infanzia, la solitudine nella grande rete, convulsa, dei rapporti umani e di lavoro, al limite della misantropia. In un racconto sempre in soggettiva - si dice oggi del selfie per sintesi, con un termine in voga, ma la soggettiva è semrpe stata la loro forma espressiva. Anche il tono narrativo è similare, semiserio. E lo schema evocativo: la scoperta (lo sguardo da bambino), l’intromettenza nelle vite degli altri – i coprotagomisti e gli stessi spettatori - e gli sdegni teatrali.
Pedro Almodovar, Dolor y Gloria

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